Bruxelles. Renzi: nessun conflitto con l'Europa
A rafforzare il bottino di Renzi è poi arrivato, in odor di campagna elettorale (che già si respira qui a Bruxelles), la dichiarazione ai limiti del tifo calcistico del presidente del Parlamento, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz (a fine mattina c’è stata pure la riunione dei vertici del Pse): «L’Ue ha bisogno di un’Italia forte e l’Italia ha bisogno di una Ue solidale, che vuol dire sostenere il Paese a uscire dalla crisi, io lotto con Renzi per questo». Anche il "nostro" Mario Draghi, il presidente della Bce, ha giocato le sue fiches pro-Renzi sottolineando che per spalleggiare la crescita servono «l’export» e un ritrovato «clima di fiducia».
Nel complesso gioco di pesi e contrappesi che sono una costante di questi summit brussellesi, sono affermazioni "pesanti". Si prolunga quell’apertura di credito giunta per prima lunedì scorso dalla Cancelliera Angela Merkel sul piano «ambizioso» di Renzi. D’altronde, si rimarca a Bruxelles, sono anni che l’Europa attende interventi strutturali da Roma, e finora si è visto solo la montiana riforma delle pensioni e poco più. La tensione sullo stato dei conti, e sull’intenzione italiana di alzare il deficit annuo dal 2,6 al 2,8%, se non di più, resta ma un po’ in secondo piano, almeno per ora. Lo scontro c’era stato nelle affermazioni della mattina. Barroso aveva sottolineato come sia «importante che tutti rispettino gli impegni firmati». Parole che avevano stimolato la replica, quasi stizzita, di Renzi: «L’Italia è uno dei Paesi che rispetta i vincoli». Poi c’è stato l’incontro, in cui è prevalsa la simpatia (non sono mancati accenni alla partita della sera Fiorentina-Juve).Il "non detto", ai piani alti dei palazzi dell’Unione, è che l’Ue non può interpretare le regole in maniera diversa. Questo è un compito che spetta ai governi, ovvero ai negoziati tra leader. E nonostante ci sia in Europa voglia di credere nell’Italia e nel nuovo governo, non c’è ancora una volontà "consolidata" di rimettere mano alle norme varate con il Fiscal compact, lo strumento appunto intergovernativo fortemente voluto - ai limiti della violazione degli stessi Trattati Ue - da Germania e Francia. La stessa ultima richiesta fatta trapelare ieri dopo l’incontro con le Regioni - lo scorporo dal Patto di stabilità dei fondi Ue e dei relativi cofinanziamenti nazionali - non accende entusiasmi: «È la solita richiesta già avanzata da Monti e da Letta», si dice dietro le quinte.Renzi tuttavia, che è sì abbastanza giovane come premier ma non un novellino, sa benissimo che in Europa va fatto un passo per volta. Così, prima di "tuffarsi" nella cena serale che di fatto segna l’inizio del Consiglio, a metà pomeriggio decide di presentarsi ai giornalisti italiani (in modalità che ricordano il Berlusconi premier) per difendere il suo piano. «Sono contento che la Ue apprezzi le nostre riforme, noi rispettiamo i vincoli ma anche l’Europa deve risolvere i suoi problemi», chiarisce il premier insistendo sul fatto che «l’Italia non viene in Europa come uno studente fuori corso, ma come un Paese fondatore che rispetta i vincoli». Via dunque di nuovo con l’elenco delle riforme istituzionali e del Jobs act sul lavoro, rimandando al Def dei primi d’aprile per la definizione delle coperture. All’Europa, è la posizione del premier, interessano soprattutto le riforme, «non si viene qui per discutere su uno "zero virgola" di deficit», quando a fronte c’è un progetto per «rivoluzionare e cambiare l’Italia». E, in prospettiva, l’Europa che non deve essere «la causa del problema, ma la soluzione, il futuro». E stamani a colazione, prima della ripresa dei lavori fra i leader, Renzi avrà il secondo round con Van Rompuy, il presidente del Consiglio Ue. Eugenio Fatigante