La Procura di Catania ha fatto il punto "sull'individuazione del relitto naufragato il 18 aprile" scorso in cui sono morte centinaia di migranti. È "superiore a 700, circa 800, il
numero delle vittime" ha detto il procuratore di Catania,
Giovanni Salvi, sottolineando che "il
relitto del natante trovato dalla marina è compatibile con
queste cifre" e che sono stati avvistati "molti corpi".
"Valuteremo possibilità di recuperare il relitto in base ad esigenza di accertare se portelloni erano chiusi o aperti. Uno appare aperto. Quello di poppa appare chiuso, ma bisogna stabilire se si e chiuso per
effetto del naufragio" ha detto il procuratore
rivelando che "sui 24 cadaveri portati a Malta e sui 28
superstiti di Catania non trovati segni violenza".
"Finora abbiamo visto filmati che
non conservano l'alta definizione. Quando oggi arriveranno le
navi della Marina Militare avremo un quadro più chiaro. Dobbiamo
esaminare il filmato ad alta definizione ma dalle prime immagini
sembra confermato impatto di prua e poi con la fiancata sinistra
del peschereccio, che ha provocato il ribaltamento insieme allo
spostamento delle persone a bordo" ha detto ancora Salvi, incontrando la stampa per parlare dell'ispezione compiuta ieri da mezzi della
Marina Militare al relitto del peschereccio inabissatosi il 18
aprile scorso al Largo della Libia.
"Non siamo in grado di confermare con precisione il numero
delle vittime - ha aggiunto Salvi - ma questo battello è molto
simile a quello di un altro caso, di un anno fa, con a bordo 874
persone. Facendo un raffronto tra ciò che ci dicono i migranti,
ovvero che erano circa 1200 in attesa di essere imbarcati e che
arrivati a circa 800 non ne entravano più, vi é la realistica
possibilità che a bordo vi fossero molte centinaia di vittime".
L'inchiesta, le cui indagini sono state delegate a Polizia di
Stato, Sco di Roma e squadra mobile di Catania, e alla guardia
costiera, intanto prosegue oggi con l'audizione dei
sopravvissuti davanti al gip, con le modalità dell'incidente
probatorio. Sono diversi tra i 26 superstiti quelli che accusano
il presunto comandante tunisino, Mohammed Alì Malek, di 27
anni, e il suo mozzo, Bikhit Mahmud, 25 anni, siriano, entrambi
arrestati. Alcuni, però tendono a scagionare il siriano: era "un
viaggiatore come noi", ha detto ad esempio due giorni fa un
eritreo, confermando il ruolo di comandante del tunisino.
L'incidente probatorio si tiene davanti al Gip Maria Paola
Cosentino.