Trecentomila. Alla vigilia del giro di boa, nei 30 giorni che i datori di lavoro hanno a disposizione per regolarizzare colf e badanti – la finestra temporale va dal 1° al 30 settembre – l’afflusso di domande segna il passo. Se pure è probabile che negli ultimi giorni si registrerà un’impennata, il Viminale comunque ridimensiona le stime della prima ora. Almeno quelle più ottimistiche di sindacati e associazioni, che parlavano di 500 o addirittura 700 mila domande. È il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, a raffreddare le previsioni più ottimistiche. Ricordando, comunque, che 300 mila è sempre stata la stima ufficiale indicata dal Viminale.«Sì, c’è la preoccupazione che la risposta all’offerta di regolarizzazione sia meno forte di quella auspicata – riconosce il prefetto Morcone – ma è ancora presto per dirlo. Dobbiamo aspettare il 15 del mese». Negli ultimi giorni «il trend è stato in aumento: 8 mila solo ieri, un dato che cresce di giorno in giorno». Ma da qui a confermare un’emersione di almeno mezzo milione di lavoratrici domestiche, ne passa: «Certo – riconosce il prefetto – alla luce di questi dati sembrerebbe più probabile la cifra di 300 mila. Cifra che, ricordo, era stata indicata nella relazione a supporto della legge. Ma lo capiremo più in là, ripeto».Le ultime cifre del Viminale, consolidate alle 18 di ieri, riferiscono dunque di 66.332 domande inviate via web su di 96.089 moduli scaricati dal sito del ministero dell’Interno. Richieste soprattutto per colf (38.333), seguono le badanti (27.582). Le province con più domande sono Milano (17%), Roma (12%), Napoli (6,5%), Brescia (4%), Torino e Bergamo (entrambe al 3%), Bologna, Modena, Firenze e Verona (tutte attorno al 2%). Da sole assorbono il 54% delle richieste. La classifica delle nazionalità vede in testa Ucraina (14,6%), Moldavia (12,3%), Marocco (11%), Bangladesh (6%), Cina, Perù e India (circa 5%). Egitto, Filippine e Albania (attorno al 4%). Dieci paesi per il 72% delle domande.Diverse, secondo il responsabile del Dipartimento immigrazione, le cause che hanno frenato il processo di emersione. «Molti datori di lavoro – spiega Morcone – i 500 euro richiesti preferiscono pagarli alla fine del mese piuttosto che all’inizio». Ma la difficoltà più frequente è un’altra: «Purtroppo ci saranno problemi per molte colf. Tante di queste signore straniere lavorano due ore in una casa, tre in un’altra famiglia. Per loro individuare un datore di lavoro che si faccia carico della regolarizzazione non è sempre facile. Il frazionamento dell’orario per le colf è frequente ed è uno dei problemi più seri».Ma c’è anche chi preferisce sfidare la legge e le sanzioni per chi dà lavoro in nero: «È l’egoismo di chi non è disponibile a mettersi in regola e a pagare un centinaio di euro al mese, perché di questo si tratta. Quando non rescindono il rapporto di lavoro». Il prefetto comunque si aspetta ancora una crescita nel flusso: «Devono ancora arrivare i pacchi di domande dei grandi patronati e delle associazioni che hanno scaricato molti moduli e trattano centinaia di domande per volta».Qualcuno si lamenta per il reddito minimo richiesto di 20 mila euro: «Io l’ho già detto, anche duramente: è un problema finto. Chi non guadagna - o non denuncia - almeno 20 mila euro l’anno lordi non si capisce come faccia a mantenere una colf. Mi viene da pensare che si tratti di evasori fiscali...». E c’è anche, forse, qualcuno che non fa la domanda per il timore che, dopo avere sanato la propria badante o colf tenuta in nero, questa possa rivalersi per mancati versamenti all’Inps o per qualche tredicesima saltata, visto che la regolarizzazione non è un condono tombale che cancella il pregresso.