Il vero "affare", in Italia, resta quello di darsi alla politica. Altro che metter su un’impresa. In barba agli annunci parolai fatti a iosa nei mesi passati, la "auto-austerità" sbandierata dalla politica si scontra, come in un video-gioco, in sempre nuovi livelli di sprechi. Il caso-Lazio, fra Suv, ostriche e feste-
trash con teste di maiale pagati con soldi pubblici, è solo la ciliegina finale. Messa su una torta infarcita di storie nelle quali i soldi (sempre pubblici, ovviamente) non sono mai un problema.Un autentico fiume di denaro, rispetto al quale i 3 miliardi di finanziamento pubblico ai partiti erogato dal 1994 a oggi (su cui si è dibattuto a lungo, prima della riduzione del 50% decisa sull’onda di un altro scandalo, quello Lusi) rappresentano un’inezia. Uno studio del sindacato Uil lo quantifica in ben 6,4 miliardi annui (pari a 209 euro per ogni contribuente), che saranno spesi nel 2012 per far funzionare l’intera macchina della politica. Di questi, una fetta non indifferente (1,1 miliardi) se ne va solo per finanziare l’attività di giunte e consigli regionali. Tanto che il dossier "spese regionali" è tornato prepotentemente in primo piano sui tavoli del governo. «Ci stiamo riflettendo, abbiamo delle idee, dobbiamo dare un segnale forte», spiega uno dei ministri, che preferisce mantenere l’anonimato. Sarebbe il perno della "fase due" della spending review su cui Monti punta molto e potrebbe anticipare la stessa Legge di stabilità attesa per ottobre.Soldi ben spesi, quelli alle Regioni? Giudicate voi, gli esempi non mancano. Appena ieri Il Gazzettino, giornale di Venezia, ha tirato fuori la storia dei 2.100 euro dati "fuori-busta", quindi esentasse, ogni mese ai 60 consiglieri (oggi il presidente dell’assemblea veneta, Ruffato, terrà una conferenza stampa per chiarire). Un autentico capolavoro di ipocrisia è stato compiuto dai deputati siciliani (per non farsi mancare nulla, sull’isola la loro denominazione ufficiale è questa) dell’Ars, considerata il regno di ogni spreco: a metà anno, in piena bufera spending review, hanno tagliato di 1,06 milioni proprio i trasferimenti ai gruppi politici. Contestualmente, nel bilancio triennale fino al 2014, sono stati recuperati però 100mila euro. Utili magari a non far venir meno quei 360mila euro spesi per le divise dei 160 commessi dell’Ars (che ricevono ogni anno 700 euro per comprarsi camicie e calze).Di fatto, oltre al dimezzamento dei rimborsi ai partiti, gli unici, veri passi avanti compiuti sui tagli alla politica riguardano finora i Comuni piccoli e piccolissimi. La manovra di Monti di fine 2011 ha fissato la riduzione del numero dei consiglieri regionali, ma – Lombardia a parte – le Regioni faticano ad adeguarsi. Senza contare che, al di là del numero effettivo, a far salire i costi spesso è la proliferazione degli incarichi (e delle relative indennità). Famosa è la norma (citata anche dalla Polverini) che consente al singolo consigliere di dar vita, volendolo, a un gruppo di un solo membro, dotato però di tutti i <+corsivo>benefit<+tondo>: contributo, segreteria, personale, ecc. Secondo un’inchiesta del <+corsivo>Sole-24 ore<+tondo>, fra presidenti e vice di commissione, posti da capigruppo, segretari e questori, le indennità si cumulano magicamente e riguardano 862 consiglieri, cioè il 78% dei 1.111 seggi totali esistenti in Italia. Il primato di incarichi doppi (o tripli) sta proprio nel Lazio, che non a caso vanta le uscite più alte per i gruppi, pur nella scarsa trasparenza del bilancio: nel rendiconto 2011 sono "cifrati" 52,2 milioni, mischiati però assieme alle spese di rappresentanza della presidenza, ai costi postali, per i telefoni e di cancelleria. Segue la Sicilia, con 12,6 milioni. Regione che continua ad avere anche l’esborso maggiore per i vitalizi agli ex consiglieri: ben 21 milioni l’anno. Finché c’è vita..., lo Stato paga.