Stanno girando tre film diversi in Campania. Il primo ha come set Borgo Santa Lucia - "casa" negli ultimi cinque anni di Stefano Caldoro - e Salerno, culla di Vincenzo De Luca. Il secondo film si gira presso la Whirlpool di Carinaro, al polo aereonautico di Capodichino, negli stabilimenti dismessi da Finmeccanica e nelle tante sedi della "desertificazione industriale", dove non a caso fanno campagna elettorale tutti gli outsider, a partire da Valeria Ciarambino di M5S. La terza pellicola filma la Regione delle eterne contraddizioni: comprende territori che si rialzano - dopo portentosi sacrifici dei lavoratori - con la timida ripresa di Fiat e della nautica, con l’innovazione, il buon turismo e la cultura; e lembi di terra che continuano a soccombere per l’ambiente oltraggiato, la negazione del diritto alla salute, per l’incuria e l’illegalità cui sono consegnate le periferie, per lo sperpero di risorse umane ed economiche sotto la regia della camorra, dei corrotti e dei corruttori. La miscela produce la campagna elettorale più anomala degli ultimi venti anni: una competizione il cui risultato, paradossalmente, sembra interessare più alle segreterie nazionali dei partiti che ai cittadini.
IL FILM DELLA VITA REALEIl tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 50 per cento. Un giovane su due è a spasso nella Regione che ha la popolazione meno anziana d’Italia. Decine di migliaia di ragazzi sospesi tra disoccupazione ed emigrazione. Ma non è l’unico dato choc: dei quasi 40mila lavoratori che sono stati in cassa integrazione in questi anni, circa il 40 per cento non ha trovato reinserimento, sono stati espulsi dal ciclo produttivo. Si tratta di 50enni, di padri e madri di famiglie spesso monoreddito. I tassi di povertà schizzano in alto, tutti i candidati hanno detto «sì» - ma senza dire dove troveranno le risorse - al reddito minimo. Se c’è da fare una gara tra emergenze, l’occupazione vince a mani basse. Il punto è che non è l’unico problema da affrontare. La "Terra dei fuochi" è ancora lì, non è guarita, nonostante le norme nazionali, l’impiego dei soldati e una discussa lista nata proprio con quella denominazione in appoggio al governatore uscente Caldoro (è guidata dal discusso leader Angelo Ferrillo, espulso da M5S lo scorso gennaio). Il tema ambientale manca della risposta fondamentale: un serio screening dei veleni sotterrati e un piano di bonifiche completo e sostenibile. E di una parola di chiarezza sulla connessione tra aria malsana e picchi tumorali, che in alcune aree sono nettamente superiori a ogni media nazionale.
IL FILM DELLA POLITICALa politica però ha scelto di recitare su un altro copione. Le vicende sono note quanto caotiche, metterle in ordine è utile. Il "campione in carica" è Stefano Caldoro, riuscito nell’impresa di mettere insieme il vecchio centrodestra e di tenere a bada la furia conquistatrice di Matteo Salvini, che in Campania ha rinunciato a una sua lista. Caldoro fa leva sul risanamento dei conti e in special modo della Sanità - un piano di rientro, quest’ultimo, che si è tradotto in una evidente riduzione di servizi e risorse -. Insomma Caldoro chiede un secondo mandato per non passare alla storia solo come il governatore che ha "contenuto la crisi", ma anche come quello che ha spinto la ripresa. Ripresa il cui simbolo è un più elevato utilizzo dei fondi europei e l’Ospedale del mare, megastruttura sanitaria - inaugurata ma nei fatti incompleta - che dovrebbe servire milioni di napoletani evitando "i viaggi della speranza" per farsi curare. Lo sfidante è lo stesso di cinque anni fa: Vincenzo De Luca, già sindaco-sceriffo e "decisionista" di Salerno. Il suo slogan è #maipiùultimi, gioca sulla mole di primati al contrario vantati dalla Regione e punta tutto sull’esportazione del modello-Salerno, città che ha cambiato volto con eventi turistici e con picconate alla burocrazia dei lavori pubblici. Il contesto in cui è maturata la sua candidatura è del tutto diversa dal 2010. Ha vinto le primarie contro ogni aspettativa e ha piegato il timido tentativo di Renzi di fare unità intorno a nomi come Gennaro Migliore o Andrea Orlando, ha sfidato quella norma della legge Severino che lo rende incompatibile - ma non incandidabile - con la carica di governatore in virtù di una condanna di primo grado per abuso d’ufficio. De Luca, come ha fatto De Magistris a Napoli, in caso di vittoria farà ricorso al Tar con buona possibilità di essere subito rimesso in sella.A questo groviglio si è aggiunto il caso dei cosiddetti "impresentabili". Nel centrosinistra sono confluiti cosentiniani usciti da Forza Italia, esponenti di estrema destra e fedelissimi di De Mita - sino all’altroieri alleati di Caldoro -. Non proprio l’architrave del "Partito della nazione" agognato da Renzi. Al punto che il "papà" di Gomorra, Roberto Saviano, ha invitato a guardare da un’altra parte. Ma l’intero iter delle amministrative è stato un calvario per le Pd, con le primarie per le comunali bloccate o annullate in grandi centri come Giugliano ed Ercolano per i problemi giudiziari di vincitori e contendenti. Un’onda che ha allarmato Roma, sinora rimasta a debita distanza dalle vicende locali («Il Pd non ha impresentabili, sono in liste collegate e io non li voterei mai...», è l’autoassoluzione di Renzi) e che alla lunga ha avuto più risonanza dei candidati in zona d’ombra pur presenti nelle liste che appoggiano Caldoro (per la cronaca: nessuna delle due parti ha impedito la ricandidatura di consiglieri indagati per i "rimborsi pazzi").L’ipotesi che tutto ciò porti al primo governatore grillino ha però poche possibilità di realizzarsi. Valeria Ciarambino è vicina al vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che sulla sua Regione punta forte per consolidare la leadership nazionale. Però il sistema elettorale campano (turno unico, chi prende un voto in più governa e ha la maggioranza in Consiglio) premia le aggregazioni vaste. Discorso che vale a maggior ragione per gli altri due candidati: Salvatore Vozza di Sel e il giornalista del
Mattino Marco Esposito che anima la lista "meridionalista" Mo’ (in italiano: adesso).
IL FILM DEGLI ELETTORIAlle urne sono chiamati circa 5 milioni di persone. Secondo gli ultimi sondaggi circa la metà ha intenzione di stare a casa o andare al mare per il ponte del 2 giugno. Già cinque anni fa (quando Caldoro vinse di dieci punti su De Luca mentre il semisconosciuto Roberto Fico si fermava all’1,3) l’affluenza scese sotto il 63 per cento. Alle ultime europee i votanti hanno superato a stento il 50 per cento. Pd e - soprattutto - Forza Italia sono date in calo rispetto al maggio dell’anno scorso. Sono tante però le voci della società civile che si stanno animando per portare i campani alle urne, per contrastare il voto clientelare e l’infiltrazione della malavita nelle preferenze, per non trasformare il 31 maggio in un regolamento di conti tra partiti e nei partiti, per evitare che le regionali nei fatti "blindino" quelle fazioni trasversali che da anni fanno il bello e il cattivo tempo.