Povertà. «Sul Reddito di cittadinanza interventi punitivi, trascurati i veri nodi»
Potrebbe essere la Corte Costituzionale la prima a riformare il Reddito di cittadinanza. Martedì, infatti, si terrà l’udienza della Consulta sulla costituzionalità del requisito del permesso di soggiorno Ue di lungo periodo per gli immigrati extracomunitari.
Secondo il Tribunale di Bergamo, che ha sollevato la questione, il Reddito di cittadinanza rientra tra i diritti essenziali della persona come prestazione volta a soddisfarne i bisogni primari e dunque non andrebbe limitato a chi è in possesso del solo permesso di lungo periodo, escludendo dal beneficio i titolari del permesso unico di lavoro o di soggiorno per almeno un anno.
Si vedrà quale sarà la sentenza dei giudici costituzionali, ma la portata della decisione potrebbe andare ben al di là del quesito specifico per investire un aspetto – quello dei requisiti d’accesso per gli stranieri – fin da subito apparso problematico.
«Purtroppo sul requisito dei 10 anni di residenza per gli extracomunitari, oggettivamente troppi, la legge di Bilancio non interviene. Così come su altre questioni strutturali quali la scala di equivalenza che penalizza le famiglie e avvantaggia i singoli e la differenziazione per zone geografiche e territori che sarebbe necessaria – commenta Cristiano Gori, docente di Politiche sociali all’Università di Trento –. Queste omissioni non permettono di sanare quelle iniquità che determinano la non coincidenza tra beneficiari e persone in povertà assoluta».
Il giudizio di Gori, che è anche direttore scientifico del Rapporto Caritas sul Rdc, è molto negativo «perché sembra che il governo, più che riformare il Rdc affinché funzioni meglio, abbia basato gli interventi sui comportamenti scorretti di alcuni, di fatto trasmettendo un messaggio meramente punitivo che colpevolizza i poveri considerati dei fannulloni. Ad esempio prevedendo la perdita del beneficio già al secondo rifiuto di un’offerta di lavoro, non più entro 250 Km ma in tutt’Italia senza tener conto delle spese di trasferimento, alloggio, ecc. Uno scenario che è anche irrealistico perché finora i Centri per l’impiego non sono stati in grado di fornire queste offerte di lavoro né di applicare le sanzioni. Mentre già oggi l’Ocse considera troppo stringenti i requisiti di accesso al Rdc».
Per il docente è sbagliata anche la riduzione del sussidio a partire dal sesto mese: «Gli ammortizzatori sociali possono essere a scalare, ma non le misure per la povertà, perché queste sono volte ad assicurare un livello minimo di vita dignitosa alle persone che non può diminuire nel tempo quando non ci sono alternative di sussistenza». L’unico aspetto della manovra giudicato positivamente riguarda l’allargamento degli incentivi alle imprese che assumono i beneficiari del Rdc anche con contratti a tempo o part-time, «perché difficilmente chi è povero e scarsamente occupabile trova come prima possibilità un contratto a tempo indeterminato e tempo pieno», conclude Gori.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’Alleanza contro la povertà che sottolinea come il «Reddito di cittadinanza ha bisogno di una revisione complessiva per essere più efficace, non solo di un piccolo tagliando», come sembra indicare la Legge di bilancio.