Manovra. Il governo contro il Reddito di cittadinanza: arrivano i primi tagli
Avviso in un ufficio postale per le domande relative al Reddito di cittadinanza
Il governo fa cassa sui poveri. Per il contrasto all’esclusione sociale ci saranno 734 milioni di euro in meno nel 2023. E un grande punto interrogativo per gli anni successivi. La tagliola sul Reddito di cittadinanza scatterà a partire dal prossimo settembre quando, scaduti gli otto mesi di misura ponte, i beneficiari dell’assegno considerati occupabili perderanno il sostegno economico.
Mentre l’intero strumento varato nel 2019 dal governo Conte 1 decadrà alla fine del prossimo anno per lasciare posto a un’ennesima «riforma complessiva» dai connotati molto diversi da quelle attuale. Dalla filosofia universalistica del grillismo si passa a un approccio “lavoristico”. Anche se le politiche attive, come dimostra lo stesso flop dei “Patti per il lavoro” previsti dal Rdc, restano una cronica insufficienza italiana. E le prospettive economiche non promettono al momento un balzo degli occupati.
L’operazione di superamento del Reddito non è ancora nota in tutti i dettagli , in attesa che venga ultimato il testo della manovra. Secondo le indicazioni emerse nella conferenza stampa di ieri mattina della premier Giorgia Meloni e della ministra Marina Calderone, il punto fermo è appunto che per il prossimo anno saranno previste «massimo otto mensilità per chi ha condizioni di occupabilità». Lo stop all’assegno dovrebbe scattare a prescindere da quanto tempo lo si percepisca.
I tempi stretti della manovra non consentivano un intervento di maggior respiro, ha spiegato la responsabile del Lavoro, così si è scelta la strada della proroga con scadenza. Ma non di 12 mesi come la stessa ministra aveva caldeggiato, scelta che avrebbe praticamente annullato i risparmi di spesa sul 2023 che il governo, a caccia di risorse, puntava a ottenere. Il periodo “ponte” è stato quindi ridotto.
Il conto alla rovescia riguarda circa 404mila famiglie sul totale di circa 1,1 milioni di nuclei (in tutto quasi 2,5 miloni di persone) beneficiari del reddito. E’ una platea formata dalle persone che per età (dai 18 ai 59 anni), condizione familiari e stato di salute in teoria sono in grado di lavorare. Nel complesso gli “occupabili” sono circa 650mila, ma la ministra ha assicurato che verranno «messi in sicurezza coloro che hanno condizioni di difficoltà ulteriore, i nuclei con minori, disabili, e donne in gravidanza». Ma cosa accadrà ai familiari degli occupabili che non hanno queste caratteristiche? L’assegno si potrà perdere anche prima di settembre se si rifiuta anche solo un’offerta di lavoro congrua (finora lo stop scattava al secondo diniego).
«La logica non può esser quella di tagliare uno strumento ma di renderlo più efficiente ed efficace», commenta l’Alleanza contro la povertà che teme «una colpevolizzazione di chi non riuscirà ad essere occupato nei prossimi mesi».
Sui circa 8 miliardi di spesa annua complessiva per il Reddito, il governo conta di risparmiarne quasi un decimo. Minori spese dovrebbero arrivare anche dalla «revisione del sistema dei controlli, finora fatti ex post», ha spiegato Calderone aggiungendo che «ci sarà una attenzione specifica per verificare la presenza in Italia dei percettori nel caso siano lavoratori stranieri». Chi non vive abitualmente in Italia quindi perderà il sussidio. Ma non si tratta di grandi numeri, considerando che l’89% dei percettori è cittadino italiano e solo il 7% è extracomunitario.
Da gennaio per chi può lavorare si cercherà di passare «dal sussidio all’attivazione, come percorso obbligatorio». È previsto un periodo di sei mesi dedicato a formazione o riqualificazione professionale. Le Regioni dovranno trasmettere all'Anpal gli elenchi dei soggetti che non rispettano l'obbligo di frequenza, che perderanno il Rdc.
Un aiuto potrà arrivare dalla disposizione che permetterà di non perdere il beneficio in caso di un lavoro stagionale (con un introito massimo di 3mila euro). La strada dell’attivazione resta però in salita. Le indagini sui percettori del reddito hanno evidenziato come una larga maggioranza degli “occupabili” non abbia lavorato negli ultimi anni e possieda titoli di studio e curriculum professionali ben poco appetibili per le aziende in cerca di personale. Inoltre come è noto la distribuzione territoriale dei beneficiari del Rdc è squilibrata: sono moltissimi nelle Regioni dove la disoccupazione è più alta e le offerte di lavoro scarse.