Focus. Il reddito di cittadinanza a un povero su tre. Le modifiche dimezzano la platea
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«I nuovi strumenti di contrasto alla povertà», ovvero l’Assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro (Adi e Sfl), «hanno finora dimezzato la platea già limitata e ristretta» del Reddito di cittadinanza. L’Alleanza contro la povertà rilancia l’allarme sulle politiche del governo contro l’esclusione sociale, giudicate insufficienti. «Le misure oggi vigenti stanno infatti lasciando fuori una fetta troppo grande di persone e famiglie che hanno invece bisogno di essere sostenute, soprattutto per la forte pressione dell’inflazione», afferma il portavoce Antonio Russo che torna a «sollecitare la pubblicazione dei dati e l’approfondimento dell’impatto dei nuovi strumenti» introdotti a partire dal gennaio di quest’anno con la legge 85 del 2023.
Secondo i dati Inps nel 2023 avevano perpepito almeno una mensilità del vecchio Reddito di cittadinanza (poi abolito a fine anno) 1 milone e 367 mila famiglie. Mentre nelle scorse settimana la ministra del Welfare Marina Calderone ha affermato che il nuovo l’Assegno di inclusione «ha raggiunto quasi 700mila nuclei, siamo quindi vicini al target annuale». Una platea, appunto, più o meno dimezzata. L’intervento di Russo arriva a seguito della pubblicazione della Relazione per la valutazione del Reddito di cittadinanza curata dal Comitato scientifico previsto dalla legge istitutiva e presieduto da Natale Forlani.
Il rapporto mette in luce come, sulla base dei numeri Inps, hanno percepito il vecchio sussidio di integrazione al reddito (dalla sua introduzione nell’aprile 2019 al dicembre 2023), circa 2,4 milioni di nuclei familiari, ovvero 5,3 milioni di persone. Il numero medio delle mensilità percepite è stato di 26,4 per il Reddito e di 32 per la Pensione di Cittadinanza mentre circa un terzo dei beneficiari complessivi ha percepito il sussidio per l’intero periodo. L’importo della spesa pubblica impegnata è stata nell’arco dei 4 anni e mezzo di oltre 34 miliardi di euro.
Un dato importante riguarda la percentuale delle famiglie in condizioni di povertà assoluta che hanno beneficiato delle prestazioni di sostegno al reddito: la quota ha raggiunto il il 38% nel corso del 2021 (per attestarsi al 32,3% nel 2022), equivalente a quasi il 59% dei beneficiari delle misure. «Queste stime - spiega il Comitato scientifico sul Rdc - evidenziano la mancata partecipazione di un rilevante numero di famiglie povere, che deriva in parte dai criteri normativi per la selezione dei potenziali beneficiari e di una quota dei percettori che non riscontrano le condizioni di povertà sulla base dei criteri utilizzati dall’Istat». Questo «probabilmente per le caratteristiche delle persone che risultano occupate negli ambiti professionali e nei settori che registrano tassi di irregolarità superiori di 3 volte alla media e con rapporti di lavoro di breve durata».
Secondo la Relazione, il Rdc ha permesso comuqnue di raggiungere traguardi non scontati: tra il 2020 e il 2021 ha «consentito la fuoriuscita dalla povertà di 450 mila famiglie e ha contribuito a ridurre dello 0,8% l’indice delle disuguaglianze e dell’1,8% il rischio di povertà», insieme ad altre misure come l’Assegno unico universale per i figli (introdotto però dal marzo 2022).
Tuttavia la misura «ha mostrato livelli di copertura del numero delle persone povere inferiori alla media europea». In particolare nel periodo post-pandemia quando «l’impatto sulle persone in povertà assoluta è risultato limitato per le conseguenze della elevata crescita dei prezzi di gran lunga superiore all’incremento dei redditi nominali».
Alla luce di queste evidenze ci si sarebbe potuti porre il problema di come migliorare la copertura degli strumenti anti-povertà. La strada intrapresa dal governo sembra andare invece, almeno finora, in senso contrario. Come sottolineano le associazione riunite nell’Acp.
Ma lo stesso Comitato di valutazione alla luce dei dati sul Reddito rivolge al governo alcune raccomandazioni che «possono risultare utili anche per valutare l’impatto delle nuove misure» da poco introdotte, l’Adi e il Sfl. A partire da un aggiornamento delle soglie Isee «tenendo conto dell’impatto dell’inflazione avvenuto negli anni recenti». Accanto a un potenziamento dei servizi sul territorio alla famiglie, al rafforzamento delle politiche attive del lavoro e «aumentando la cumulabilità tra l’indennità di sostegno al reddito e i salari percepiti dalla prestazioni lavorative».
Si tratta di raccomandazioni in larga parte condivise anche dall’Alleanza contro la povertà. «Abbiamo sempre chiesto di approfondire i motivi della mancata partecipazione di una quota significativa di persone povere alle misure» del passsato e «la medesima questione va approfondita in relazione alle misure oggi vigenti» che hanno «dimezzato quella vecchia platea già limitata» e che va ora invece allargata». Torniamo quindi a sollecitare - afferma ancora Russo - la pubblicazione dei dati e l’analisi dell’inpatto dei nuovi strumento: conoscere oggi questi numerti permetterebbe di applicare correttivi prima che sia troppo tardi: ovvero prima che la popolaione italiana in povertà assoluta aumenti ulteriormente».