In Europa. Helena, Martine e gli altri: aiutano i profughi, vanno a processo
Minacciati, intimiditi e criminalizzati. Ricevono messaggi di odio, subiscono calunnie e, se sono donne, anche minacce di stupro. Vengono accusati di essere trafficanti di uomini; in alcuni casi rischiano di finire in carcere per aver fornito ai profughi bloccati ai confini dell’Europa cibo e assistenza logistica per oltrepassare le frontiere, almeno ufficialmente chiuse.
Sono 45 i casi di persecuzione per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare denunciati nel report dell'Institute of Race Relations (Irr), fondazione che si occupa di diritti umani a Londra.
Helena Maleno Garzón: aiuta i profughi e rischia l'ergastolo
Oggi mercoledì 31 gennaio andrà in aula a Tangeri, in Marocco, la giornalista e attivista per i diritti umani Helena Maleno Garzón: rischia l'ergastolo, nello specifico è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per il suo supporto ai migranti che cercano di arrivare in Spagna. Il suo impegno è simile nella forma e nella sostanza a quello di don Mussie Zerai sulla rotta del Mediterraneo centrale. Come il sacerdote cattolico eritreo, iscritto nel registro degli indagati della Procura di Trapani che sta investigando sui salvataggi in mare della ong Jugend Rettet, Helena attraverso la sua ong, Caminando Fronteras, si dedica a monitorare quotidianamente lo Stretto di Gibilterra, avvisando i soccorritori e le autorità competenti in caso di naufragio dei gommoni che cercano di arrivare in Spagna, mantenendo contatti con i familiari delle persone che partono e in caso di morte cercando di aiutarli a recuperare i loro cadaveri.
Sebbene per questa sua attività, proprio come don Zerai, abbia ricevuto premi internazionali, Helena è accusata dalle autorità giudiziarie marocchine di essersi accordata con i trafficanti. Il processo si svolge in Marocco ma ha origine in Spagna: l’unità anti-immigrazione della polizia spagnola ha aperto un’inchiesta su di lei nel 2012, senza però riuscire a dimostrare nessun reato. Neanche quando la polizia marocchina, sempre su una richiesta partita dalla Spagna, ha messo il suo telefono sotto controllo, si è trovata alcuna prova di un suo ruolo nell’organizzazione dei viaggi, e l’attivista è stata nuovamente assolta. La nuova causa, dunque, sembra basarsi esclusivamente su motivazioni politiche: Helena non è neanche accusata di perseguire fini di lucro, un requisito cruciale per l’accusa di tratta.
Una sorte simile toccherà a Martine Landry che sarà davanti ai giudici del Tribunale di Nizza, in Francia, il 14 febbraio: l’attivista francese di Amnesty è sotto accusa per "aver facilitato l'entrata in Francia di due minori stranieri in situazione irregolare" attraverso la frontiera di Ventimiglia e rischia fino a 5 anni di carcere e 30mila euro di multa.
Nel report si denunciano la vicenda kafkiana di Salam Aldeen, volontario danese-iracheno, arrestato sull’isola di Lesvos per aver soccorso oltre 500 migranti nel 2016 e tenuto bloccato dalle autorità sull’isola greca per un anno e 8 mesi, in attesa del processo che si terrà solo a maggio 2018 e il caso di Mariam Guerey, arrestata dalla polizia francese in tenuta anti-sommossa nella baraccopoli di Calais, "colpevole" di aver cercato di portare 7 minori nella sede della Caritas francese per farsi una doccia.
I passeur umanitari: ecco chi sono e perché vengono criminalizzati
Negli ultimi due anni si parla di 26 azioni legali per “reati umanitari”, vale a dire quelli individuati dalle autorità. Ma esistono anche i buoni samaritani “in incognito” che, finora sono rimasti fuori dalle aule giudiziarie, pur rischiando molto sulla propria pelle per contrastare le ingiustizie delle politiche migratorie messe in atto dall’Unione europea: si tratta una solidarietà silenziosa, che non si fa troppe domande, che agisce ai limite della legalità. C’è chi ospita per una notte senza chiedere nulla in cambio, c’è chi paga a proprie spese i biglietti del treno alle famiglie di profughi che cercano una nuova vita in Europa; ed è così che dopo aver subito soprusi e violenze dai trafficanti e in alcuni casi dalle polizie autoritarie di alcuni Paesi, quei profughi “salvati” che hanno avuto la fortuna di trovare sulla propria strada un “passeur umanitario” possono tornare a sperare nella banalità del bene.
Un altro aspetto evidenziato nel report londinese è il fatto che persino nel cuore dell’Europa dei diritti, dalla Francia alla Spagna, dalla Danimarca alla Svezia, i difensori dei migranti vengano presi di mira, attraverso anche una narrativa che li vorrebbe associare ai trafficanti di uomini, per colpirli, per delegittimarli. «È questa la prossima “soluzione” alla crisi dei rifugiati proposta dall’Unione Europea? Minacciare i volontari per indebolire il sostegno a soluzioni più umane?» si chiede provocatoriamente chiede il professor Nando Sigona, fondatore dei "Migration Studies" e ricercatore del centro sulle migrazioni (Compas) all'Università di Oxford: «Forse tutto ciò non porterà ad arresti di massa dei volontari, ma dovremo aspettarci altri processi “spettacolari” di questo genere. Abbiamo imparato dall’attuale gestione della crisi da parte dell’Ue che le cattive abitudini si diffondono in fretta: è accaduto per i muri di filo spinato innalzati dall’Ungheria al confine serbo, accolti in un primo momento da forti opposizioni per poi essere presi a modello da altri Stati europei».
Quel che è certo è che questa criminalizzazione dei volontari mira in primis a scoraggiare il coinvolgimento della società civile europea, e in secondo luogo a indebolire gli atti di resistenza civile messi in atto da ong e volontari di tutto il mondo contro la linea dura dell’Ue nei confronti dei profughi. Ciò che manca è “una rete di protezione legale contro questi procedimenti fra le più estese e avanzate”, assieme a una “mobilitazione costante e duratura della società civile”. In altre parole, la responsabilità è nelle mani di ciascuno, e nessuno dovrebbe sentirsi esonerato dal fare la propria parte.