Amnesty International. La denuncia: su guerra e profughi l'Occidente usa doppi standard
Londra, manifestazioni di protesta contro i provvedimenti del governo conservatore che limitano i diritti dei profughi
«Un sistema internazionale allo sbando, con governi incompetenti e impreparati ad affrontare le crisi globali: pandemia, cambiamento climatico, ritorno della guerra in Europa. Una politica sempre più egoista e incapace di tutelare la dignità umana». Emanuele Russo, presidente di Amnesty International Italia, non usa giri di parole alla presentazione del Rapporto 2022/2023. E punta l’indice sul «doppio standard» adottato dai paesi occidentali, Italia compresa: «Quanto fatto per l’Ucraina non l’abbiamo visto per contesti non meno gravi per la popolazione e la stabilità internazionale, in Egitto, Israele, Arabia Saudita, perché grandi e importanti alleati dell’Occidente».
«Doppio standard» che il nostro Paese ha applicato - ricorda Ileana Bello, direttrice di Amnesty Italia - sul fronte dell’emergenza profughi: porte aperte per gli oltre 150mila ucraini, inasprimento delle leggi contro i salvataggi in mare con l’effetto di lasciar morire nel Mediterraneo molti profughi. Una criminalizzazione della solidarietà», che si aggiunge - ricorda - al rinnovo del controverso Memorandum di intesa con la Libia, da parte dei governi italiani.
Il Rapporto di Amnesty anche quest’anno adotta uno sguardo globale sulle violazioni dei diritti umani. Ma non può prescindere dall’invasione russa dell’Ucraina : «Ha dato luogo a numerosi crimini di guerra, generando una crisi energetica globale e un’ulteriore frattura di un sistema multilaterale già indebolito». Evidente «l’ipocrisia degli stati occidentali, che hanno reagito con forza all’aggressione russa, ma hanno condonato, o ne sono stati complici, gravi violazioni dei diritti umani altrove».
La reazione dell’Occidente è stata rapida: sanzioni economiche a Mosca, assistenza militare a Kiev, indagini sui crimini di guerra della Corte penale internazionale, condanna dell’Assemblea generale Onu: «Se quel sistema avesse funzionato per chiamare la Russia a rendere conto dei crimini commessi in Cecenia e in Siria - afferma il segretario generale di Amnesty Agnès Callamard - migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate, in Ucraina e altrove».
Le risposte inadeguate alle violazioni dei diritti umani nel mondo «hanno alimentato impunità e instabilità, come nel caso dell’assordante silenzio sulla situazione dei diritti umani in Arabia Saudita, della mancanza d’azione rispetto a quella dell’Egitto e del rifiuto di contrastare il sistema di apartheid in Israele nei confronti dei palestinesi». Il Rapporto segnala anche l’uso di «pesanti tattiche da parte della Cina per impedire l’azione internazionale sui crimini contro l’umanità nei confronti degli uiguri o di altre minoranza musulmane: Pechino è riuscita a eludere» a tutti i livelli le condanne delle Nazioni Unite. Il rapporto sottolinea il fallimento delle istituzioni regionali e internazionali, «favorito dagli interessi egoisti degli stati membri, di fronte alle migliaia di uccisioni in Etiopia, Myanmar e Yemen».
Sempre più diffusa la repressione del dissenso e delle proteste pacifiche. Arresti di giornalisti in Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Bielorussia. Nuove leggi per limitare le manifestazioni in Australia, India, Indonesia, ma anche nel Regno Unito.
Bilancio tragico sui diritti delle donne: femminicidi familiari in Pakistan ignorati dai legislatori, stupri impuniti in India, «cancellazione delle donne dallo spazio pubblico» in Afghanistan, repressioni brutali in Iran per le rivoluzionarie proteste partite dalle donne.
Un panorama che spinge Amnesty International a ribadire la richiesta di una riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, «perché possa essere la voce degli stati e delle situazioni tradizionalmente ignorate sopratutto nel Sud globale».