Attualità

L'ORGANIZZAZIONE. Rapivano figli contesi su commissione, quattro arresti

Luigi Gambacorta giovedì 19 luglio 2012
Da genitori disperati a rapitori di bambini, a partire dai propri. Tutti accomunati da divorzi che hanno assegnato i figli al coniuge tedesco, dall’odio per gli ex cui hanno aggiunto quello per i tribunali della Germania, le cui sentenze favorirebbero i connazionali. È la storia che si è raccontata per Marinella Colombo, l’italiana che portò a Milano i figli all’epoca di 7 e 9 anni e dopo una serie laceranti andirivieni li fece rapire a Monaco davanti alla scuola. Avevano 8 e 10 anni, furono sottoposti a «penosissime condizioni di vita, con un pesante disagio psicologico, aggravato dal continui spostamenti in condizioni di clandestinità». La fermarono in Slovenia il 2 marzo 2011, ultima tappa prima che potesse, secondo i piani, scomparire, rifarsi un’esistenza diversa, in Libano, con i ragazzi «costretti a esistenze da desaparecido». Lo scorso aprile, a Milano, è stata condannata a un anno e quattro mesi , soprattutto ha perso la patria potestà sui figli tornati al padre Jorg Tobias Ritter e, finalmente, a scuola. Il processo italiano, gli interrogatori dei ragazzi la collaborazione successiva della Colombo, donna colta, che padroneggia quattro lingue, ha fatto emergere una realtà inquietante. Così dai due “italiani” si è passati ad almeno una decina di “rapimenti”. Che hanno coinvolto bimbi tedesco-polacchi, tedesco-francesi, tedesco-americani. Tutti i piani sarebbero stati organizzati da Oliver Karrer. Nato a Parigi, 52 anni, divorziato da una donna tedesca cui nel 1999 è stato assegnato il figlio all’epoca di 4 anni. Karrer, che sostiene di averlo rivisto solo in tre occasioni, dirigeva il Ceed (Conseil Europeen enfant du divorce), organizzazione che sostiene, per statuto, i figli delle famiglie lacerate. Ma Karrer, e gli altri ossessionati dall’idea «che i tedeschi perseguano un disegno di germanizzazione dei figli dei degli stranieri, hanno messo in piedi, secondo il procuratore aggiunto Pietro Forno, un’altra organizzazione parallela, un’associazione a delinquere. La presentano come «una sorta di San Vincenzo» ma, secondo il gip Varanelli non fanno carità. «Sono dotati di mezzi, di denaro nonché di appoggi logistici in diversi Paesi europei ed extraeuropei, finalizzati a sottrarre una serie indeterminata di minori oggetto di contesa tra genitori tedeschi e genitori di diversa nazionalità». Tutto «dietro compenso». Dalla Colombo Karrer ha incassato 20 mila euro: 10 per ogni figlio. Per una famiglia numerosa, cinque ragazzi, si arrivò a sconto di 25mila euro, per fortuna non applicato vista la rinuncia della madre. Secondo Forno, avvantaggiato dalla sede a Strasburgo, che gli garantiva copertura e rapidi spostamenti, Karrer poteva assicurare un lavoro di alto profilo professionale. Era comunque in grado di procurare con i mezzi (inclusa una barca), anche documenti falsi, inclusi matrimoni falsi per dare una nuove, complete identità. Dell’associazione, secondo la Procura milanese, fa parte Silvia Kalina e una terza persona non ancora arrestata. Sono stati tutti scelti e cooptati con analoghe storie di divorzi. Avrebbero collaborato alle «sottrazioni e ai trattenimenti di minori» ma senza entrare nell’associazione, il tedesco BIorn Schallmey e l’americana Kimberly Hines residente a Roma, rimessa in libertà dopo un interrogatorio in Procura. Per tutti gli altri sono già partite le pratiche per l’estradizione. Che appare più complicata per Karrer, arrestato il 12 luglio con gran scalpore nella sede del CEED, che a Strasburgo può ancora far loro da scudo.