Ha solo dodici anni il ragazzo senegalese che, per motivi religiosi, ha colpito alle spalle con un pugno una compagna di classe sua coetanea all’uscita della scuola media Benedetto Brin a Terni. Il crocifisso che la ragazza indossava abitualmente dava fastidio al ragazzo africano, che già in altre occasioni aveva insultato la compagna di classe per lo stesso motivo, così come ha raccontato la vittima ai carabinieri che conducono le indagini.
Un gesto violento che ha provocato alla ragazzina una contusione toracica giudicata guaribile in 20 giorni dai medici del pronto soccorso che l’hanno visitata subito dopo l’accaduto.
L’episodio è avvenuto alla presenza di altri studenti e della mamma della ragazza che stava uscendo dalla scuola con la figlia. E’ stata lei a bloccare il dodicenne e a segnalare poi l'episodio ai militari, che non sono intervenuti direttamente sul posto, ma che dalle prime indagini effettuate, e dopo aver ascoltato il ragazzo, hanno confermato che l'aggressione è legata a motivi religiosi.
Dalla ricostruzione dei fatti, sembra che il giovane, prima di sferrare un pugno alla schiena della compagna di classe, l’avrebbe aggredita verbalmente urlando alcune frasi di minaccia, anche di morte, dicendole che il crocifisso gli dava fastidio e non lo doveva portare. Poche e frammentarie le notizie sulla famiglia del ragazzo, che solo da poco tempo aveva iniziato a frequentare la scuola media.
Un episodio di violenza che desta preoccupazione tra i ragazzi, le famiglie e i docenti dell’istituto, dove episodi di violenza di questo tipo non erano mai avvenuti. Il quartiere in cui si trova la scuola è ad alta densità di immigrati di varie etnie che sono ben integrati nella comunità cittadina, tanto che molti ragazzi frequentano l’oratorio parrocchiale pur essendo di razza e religione diversa.
“Prima di ogni giudizio è necessario capire come realmente sia avvenuto il fatto, le dinamiche e il contesto in cui si è verificato – commenta padre Giuseppe Piemontese vescovo di Terni -. Un gesto certamente grave da stigmatizzare che non va però né ingigantito né minimizzato, e tanto meno strumentalizzato.
Ritengo che il fatto vada inquadrato nelle relazioni educative adolescenziali, nelle dinamiche che avvengono tra i ragazzi che hanno mondi propri e che sono in una delicata fase di crescita e formazione. Dinamiche adolescenziali che non di rado fanno proprio leva sulla diversità di razza, religione, appartenenza o altro e che a volte sfociano in gesti anche violenti come questo”.