Una crisi sempre più grave. Un vuoto che nasconde paure e incertezze, ma anche una tendenza culturale che non può lasciare indifferenti. Qualche anno fa Xavier Lacroix, uno dei massimi studiosi al mondo su matrimonio e famiglia, scrisse che una società indifferente al declino del matrimonio rischia di autocondannarsi a una confusione sociale sempre più ingestibile, segnata da un intreccio allarmante di contraddizioni etiche ma anche di pesantissime derive educative.
Una lettura condivisibile? «Perfettamente d’accordo», risponde il vescovo di Parma,
Enrico Solmi, presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita. «Credo che dal punto di vista sociale e politico l’Italia non abbia ancora preso sul serio la crisi della famiglia e della denatalità. Da noi, e purtroppo non da oggi, gli interventi di politica familiare, sono solo a livello cosmetico».
Cosa è mancato?Sono interventi che non vanno alla radice del modo di pensare. Si mettono a punto politiche familiari che sono soltanto iniziative elettorali oppure un tentativo di accattivarsi i favori dell’elettorato cattolico. Invece la politica dovrebbe lavorare per un cambio di mentalità.
E la Chiesa è riuscita ad incidere sul fronte del matrimonio e della famiglia? In parte sì. Dal Vaticano II ad oggi è stato fatto davvero tanto. In altre situazioni però l’annuncio è risultato sporadico. Spesso presentato in chiave difensiva o moralistica. E questo ha creato un diaframma.
Anche noi dobbiamo fare mea culpa?Sì, forse la nostra accidia è responsabile della mancata diffusione di quella verità sul matrimonio e sulla famiglia in tanti strati sociali e culturali, anche ai massimi livelli, di cui oggi avvertiamo tutta la gravità.
Come recuperare il terreno perduto?Raddoppiando sforzi ed energie. Non possiamo più attendere. L’impegno della Chiesa per mostrare il valore della persona e della famiglia deve sempre più andare alla radice. Dev’essere annuncio profetico, coraggioso, per ribadire che fare famiglia non solo è possibile, ma anche vantaggioso per tutta la società.
Perché questo annuncio fa così fatica a passare?Perché la società è sempre più rarefatta, le comunità sempre meno coese, avvertiamo un progressivo allentamento delle relazioni che rende tutto più difficile.
Quali gli ambiti a cui dedicare l’impegno più rilevante? Penso alla preparazione al matrimonio. Forse i nostri percorsi sono inefficaci per quanto riguarda la tenuta dei matrimonio, ma sono efficacissimi per la possibilità che ci offrono di accostare i giovani che vogliono sposarsi e per parlare loro. Ma anche qui dobbiamo adeguare il linguaggio, le modalità, le proposte. Anche perché con i fidanzati ci sono sempre più spesso coppie di conviventi, coppie con figli, coppie magari da tempo lontane dalla Chiesa. Quindi sono occasioni magnifiche per riportare a tutti un’idea - spesso una prima idea - della Chiesa e di Dio. In questa prospettiva è importante avere coppie preparate e accoglienti che sappiano accostarsi ad altre coppie e mostrare loro che far famiglia è bello, possibile, interessante.
Non si tratta quindi di 'regolarizzare' posizioni ma di accogliere e comprendere.Proprio così. Occorre accogliere le persone con la loro storia e per quello che sono. È un patrimonio dottrinale che la Chiesa possiede da sempre, ma che adesso deve tradursi in un atteggiamento condiviso, anche dal punto di vista pastorale. Anche qui le modalità possono essere diverse. Occorre pensare a gruppi con persone che convivono e che non possono più sposarsi in chiesa. Ed altri invece con chi può guardare più liberamente al sacramento del matrimonio. Sono possibilità importanti anche sotto il profilo educativo. Queste coppie hanno figli che spesso frequentano il catechismo. Farsi prossimo e incoraggiare più ampi percorsi di carità verso queste coppie, vuol dire ricordare l’abc della relazione e cambiare il modo di pensare. Forse il più grande regalo che possiamo fare alla società.