Corsa al Colle. Conte e Berlusconi blindano Draghi: priorità che resti a Palazzo Chigi
Il palazzo del Quirinale a Roma
Prove tecniche di ri-posizionamento ai blocchi di partenza della corsa al Quirinale. Matteo Salvini risponde alla sfida sovranista di Giorgia Meloni tornando a indicare il voto (in caso di "trasloco" al Colle di Mario Draghi) come la «via maestra». Ma l’ipotesi si allontana, da ieri. Dopo il Pd, anche Fi e M5s si schierano: il premier resti dov’è fino a fine legislatura.
Silvio Berlusconi sottolinea con i suoi la specificità di Forza Italia, e annuncia la sua partecipazione, la prossima settimana, al congresso del Ppe di Rotterdam, il 17 e 18 novembre. Lo fa riunendo tra Arcore e Lesmo i coordinatori regionali, insieme ad Antonio Tajani e ai capigruppo di Camera e Senato, Paolo Barelli e Anna Maria Bernini. «Noi speriamo che Draghi, che deve continuare a governare fino» al 2023, possa svolgere una funzione importante anche dopo», afferma l’ex premier.
E in serata entra in gioco il predecessore di Draghi, smentendo la gelosia che gli viene attribuita.
Giuseppe Conte usa parole definitive: «Il nostro sostegno a questo governo nasce perché il Paese sia messo in protezione e sia attuato efficacemente il Pnrr. Obiettivi che non sono ancora stati raggiunti», premette. In questo contesto, per il M5s, «Draghi è il punto di equilibrio di un sistema politico. La legislatura deve finire perché l’obiettivo prioritario - ribadisce Conte - è la realizzazione del Pnrr. Che Draghi rimanga a Palazzo Chigi è la via prioritaria. Draghi non è fungibile», chiude la contesa. E se si tiene conto del fatto che Enrico Letta, per il Pd, è stato il primo - già in agosto, a Rimini - a "blindare" Draghi fino a fine legislatura (invitando gli altri leader a fare altrettanto) la novità di giornata è una maggioranza chiara (Pd-M5s-Fi) che si delinea in tal senso.
«Forza Italia non subisce alcuna egemonia da parte dei suoi alleati», rimarca Berlusconi. «In un risultato complessivo che non è stato positivo, gli unici a vincere sono stati i candidati con un profilo come il nostro», rivendica. Tuttavia, anche se Fi è il primo partito ad aver voluto Draghi ed il primo a sostenerlo, «siamo consapevoli che l’unità nazionale è temporanea ed alle elezioni del 2023 si tornerà alla sfida tra centrodestra e sinistra».
Meloni sfida Salvini sul voto anticipato: «Sa benissimo come la penso - rimarca - e non so perché abbia cambiato idea rispetto a quello che diceva prima. Io continuo a ritenere che prima i cittadini scelgono da chi farsi rappresentare e meglio è. L’articolo 1 della Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo», ricorda la leader di Fdi. Di qui la replica di Salvini sulla «via maestra» che resterebbe quella del voto. Ma sembra, in verità, una precisazione di maniera, avendo mostrato più volte consapevolezza, Salvini, che per tornare al voto in anticipo non ci sono le condizioni, né in Parlamento (complice il taglio in vista dei parlamentari che allontana le prospettive di rielezione per i singoli parlamentari) né nel Paese per via dell’emergenza tuttora in atto.
«Draghi non è una personalità facilmente fungibile - usa lo stesso termine il numero 2 del Pd Andrea Orlando -, ma non è l’unica riserva della Repubblica, non è l’unico che possa svolgere dei ruoli e credo che questo non lo pensi lui per primo». E così ora, se Draghi resta a Palazzo Chigi, il tema diventa una riserva della Repubblica da individuare per il Colle più alto.