ll passato scomodo. Camicie nere, Ss, echi di un vecchio clima: 15 mesi di provocazioni
I figuranti comparsi in divisa da Ss nazista a Spilimbergo a dicembre
Da Pennabilli a Spilimbergo, dall’elogio della camicia nera alle divise delle Ss indossate da presunti figuranti in una sala cinematografica. Il saluto romano di Acca Larentia è solo l’ultimo episodio di una carrellata che è meglio dimenticare. Non è una riabilitazione o l’ultimo sdoganamento dell’epoca fascista, ma certo fa impressione rivedere questa nostalgia postuma, troppo poco stigmatizzata anche da chi quel mondo lo ha conosciuto da vicino.
In quindici mesi di governo Meloni ci sono state tante, troppe occasioni perse per dare un segnale. Dicembre, ad esempio, è stato un mese emblematico: arriva la sentenza sull’assalto alla sede della Cgil che condanna Roberto Fiore e Giuliano Castellino e viene accolta da applausi di scherno e braccia tese. L’Anpi interviene parlando di «reati gravissimi, perseguibili d’ufficio non soltanto per le ostentazioni apologetiche, ma anche per il luogo dove esse sono state poste in essere». Il risultato? Nulla di fatto. Pochi giorni prima, nel Comune friulano di Spilimbergo, una decina di persone, in abbigliamento da Terzo Reich, entra al cinema teatro Miotto. Si tratta di una rievocazione storica, con quattro figuranti vestiti da militari nazisti, presenti in pubblico durante la proiezione del film “Comandante”: al termine dell’iniziativa, tutti (tra di loro c’è anche un minorenne) sono identificati dalla Digos, che invierà una segnalazione all’autorità giudiziaria. «L’intento era di dare pathos al film» spiegano a mo’ di giustifica da un’associazione locale, dicendo che era prevista anche la presenza di persone con divise degli Alleati e un partigiano, che però non hanno potuto partecipare. Cultura e mondo dello spettacolo restano tra i mondi più permeabili al revisionismo in salsa post-fascista, basti pensare all’intemerata di Enrico Montesano che, nell’autunno 2022, balla indossando la maglietta della “X Mas” con il fascio littorio stampato sul petto. Ma qui siamo nel mondo dello spettacolo. O forse, dell’avanspettacolo.
A dir la verità, che il clima potesse cambiare lo si era già avvertito agli esordi di questa legislatura. «Sono nato con la camicia nera e morirò con la camicia nera», scrisse il sindaco di Pennabilli, un paesino sull’Appennino romagnolo, due settimane dopo le elezioni del settembre 2022, mentre il segretario della Lega di Bologna si faceva fare un tatuaggio sul braccio, con simboli cari all’estrema destra. Per non parlare delle commemorazioni, con il rischio di scivolate continue anche a livello istituzionale. I gruppi di estrema destra si fanno notare alle celebrazioni del 25 aprile, rispondendo a provocazioni dell’estrema sinistra. Scritte capovolte da parte degli ultrà dei centri sociali che ricordano piazzale Loreto, a cui dall’altra parte si replica con slogan che parlano di «sangue versato per non tradire». Il linguaggio duro resta una costante tutta da decifrare. Così, proprio nei giorni di Acca Larentia, CasaPound celebra il consiglio nazionale per «definire le basi dell’azione politica e culturale». È stata l’occasione, ha spiegato domenica una nota ufficiale, «non solo per fare un bilancio dei primi 20 anni del movimento, ma soprattutto per confrontarsi su posizioni politiche e culturali, con l’obiettivo di rinnovare la spinta rivoluzionaria». Non sono distanti le parole con cui Francesco Todde, presidente di Gioventù nazionale Roma, ha spiegato i fatti contestati. «Cercavate lo scandalo del saluto romano, o qualche rito strano per puntare il dito - aggiunge -. Avete trovato, però, una schiera di giovani che ogni anno si ritrova per rinnovare il proprio giuramento nei confronti di chi questa patria l'ha veramente amata».
C’è senza dubbio il desiderio di tornare protagonisti, che si scorge tra le righe, ma gesti, parole e opere di tanti militanti sembrano aver dimenticato pezzi di storia, così come quell’«incompatibilità con le nostalgie del fascismo» sottolineata dalla stessa premier Meloni nell’ultimo anniversario della Liberazione. Ecco perché, forse, prendere una volta di più le distanze dal Ventennio, sarebbe cosa buona e giusta.