il dibattito. Quelle vittime in montagna. «Chiudere? Si valuti caso per caso»
Cordate sul ghiacciaio
La «montagna di prima» non esiste più, i cambiamenti climatici l’hanno profondamente mutata facendone emergere tutte le fragilità. Di conseguenza, anche la fruizione delle “terre alte” ha bisogno di un ripensamento e il «si è sempre fatto così» adesso non vale più. Insomma, la primavera non è più, com’era un tempo, la stagione ideale per lo scialpinismo, semplicemente perché anche la neve non è più quella di una volta. Distacchi e valanghe sono più frequenti come, purtroppo, gli incidenti anche mortali.
Il fine settimana che ci siamo lasciati alle spalle, da questo punto di vista è stato terribile: quattro morti in 24 ore e un’altra vittima si è contata anche ieri. In Valtournanche, in provincia di Aosta, ai 3.488 metri dello Chatau des Dames, a poca distanza dal Cervino, hanno perso la vita, sabato, Velio Coviello, 38 anni e Gabriele Del Carlo (39). I loro corpi sono stati trovati nel canalone di Vofrede, dove il pericolo valanga era di grado “forte”, 4 su una scala di 5.
Poche ore dopo, altri due scialpinisti hanno perso la vita dalla parte opposta dell’arco alpino, in Vallelunga, provincia di Bolzano. Sotto un distacco di neve sono stati trovati i corpi di Hans Waldner, 67 anni e di Verena Stecher (46), entrambi residenti a San Valentino alla Muta. I due sono stati travolti a 2.700 metri sulla Cima Tiegartespitz. Facevano parte di un gruppo di sette appassionati di montagna, tra i quali un ventenne ricoverato in grave ipotermia all’ospedale di Bolzano.
Ieri, infine, è stato recuperato il cadavere di Giovanna Di Nardo, docente di liceo musicale di 56 anni, residente a Viareggio. Domenica, con un trentenne rimasto ferito in modo grave, stava percorrendo la cresta nord del Monte Cavallo, sulle Alpi Apuane, una «via alpinistica non difficile», ma «non banale», secondo il Soccorso alpino toscano. I due erano in compagnia dei loro cani quando sono precipitati. Per la donna, trovata in fondo a un canalone, non c’è stato nulla da fare, mentre il giovane, recuperato su un impervio costone, è stato trasportato in ospedale in gravi condizioni.
«Da anni, ormai, diciamo che la montagna è cambiata e anche queste tragedie ci devono far riflettere», commenta Elio Guastalli, responsabile del progetto “Sicuri con la neve” del Club alpino italiano. Da tempo, il Cai ha avviato questi percorsi di sensibilizzazione degli appassionati (non soltanto sulla neve, ma in tutti gli ambienti montani), con l’obiettivo di far crescere una fruizione sempre più sicura e consapevole. «Questa è la stagione dello scialpinismo, ma chi lo pratica deve affidarsi scrupolosamente alle indicazioni dei Bollettini valanghivi – sottolinea Guastalli –. Da questo punto di vista serve la massima attenzione».
Meno praticabile, almeno su larga scala, la proposta - avanzata ogni qual volta succedono incidenti gravi - di chiudere l’accesso alle montagne. «L’intervento dell’autorità è necessario per singole situazioni di pericolo, come la scorsa estate in Marmolada – ricorda Guastalli –. Ma non si può pensare di chiudere l’accesso alle montagne per intere regioni».
Sul punto il dibattito, nell’ambiente alpinistico, è aperto da anni e si gioca sul concetto stesso di «libertà». Che, però, deve sempre accompagnarsi alla «responsabilità». E alla capacità, conclude Guastalli, di avere il «senso del limite». La capacità, cioè, di riconoscere fin dove è possibile spingersi e non oltre.