Via Piro, lungo il confine tra i comuni di Casaluce e Terverola, in provincia di Caserta. Questa zona un tempo era chiamata «Fertilia », un nome che è tutto un programma. Ma ora… Sul margine destro delle strada che corre per due chilometri tra frutteti e serre, ci sono centinaia di grandi sacchi bianchi, tecnicamente «big bag», pieni di rifiuti speciali. E anche nelle stradine laterali che si inoltrano tra i campi. Sono qui da due mesi, raccolti da Astir, l’azienda regionale per le bonifiche. Ma poi i soldi, 500mila euro di fondi comunitari destinati al comune di Casaluce, non sono mai arrivati e i sacchi sono rimasti qui. Tutti in fila, candida fila di veleni. Alcuni si sono rotti e i veleni stanno finendo sui terreni. Ma è solo la «ciliegina» su una torta tossica. Infatti sempre sul margine della strada ci sono decine di cumuli. Sembra terra, sopra è cresciuta l’erba. In realtà sono anche questi rifiuti speciali. Raccolti e caratterizzati cinque anni fa. Prima dall’Arpac, l’Azienda regionale per l’ambiente della Campania, poi dalla Jacorossi, l’azienda romana finita sotto inchiesta proprio per le bonifiche durante le varie gestioni commissariali dei rifiuti. Lavoro lasciato a metà, rifiuti solo ammucchiati, neanche messi nei sacchi come quelli più recenti. E ora sono qua, qualche sacco bianco e un cumulo verde, altri sacchi e un altro cumulo. L’ennesima testimonianza dello spreco, dell’inefficienza, del disastro ambientale. Non l’unico in questa zona purtroppo molto meno conosciuta di altre. Sempre su via Piro ecco un deposito/sfascio di auto. Sotto sequestro, in quanto abusivo in piena campagna. Sul cancello un cartello, con molta faccia tosta, avverte: «Ci siamo trasferiti». La strada va avanti tra «big bag» bianchi e cumuli verdi. Attraversiamo i Regi Lagni, fogna a cielo aperto e luogo degli scarichi peggiori, ma anche di roghi quotidiani. Anche qui si brucia, eccome se si brucia! La strada interpoderale ora imbocca un tunnel che sottopassa l’asse Nola-Villa Literno. È un vero e proprio inceneritore di rifiuti. È strapieno di ogni tipo di scarto, soprattutto di fabbriche di scarpe, in nero ovviamente. Pellami, suole, plastiche, contenitori di collante. L’auto passa a stento tra mucchi bruciati. Anche le pareti e il soffitto sono neri di fumo. Possiamo bene immaginare cosa succede qua dentro quando danno fuoco. E che fumi possano uscire dal tunnel. E fuori si coltivano uva e mele. Ma il giro non è finito e anche le sorprese. In un altro punto la strada passa nuovamente sotto l’asse che corre in sopraelevata. Anche qui si è scaricato rifiuti per anni. Poi i commissari di Casaluce nel 2007, quando il comune era sciolto per camorra, recintarono l’area. Invano. Ormai i rifiuti, di tutti i tipi, quasi superano la recinzione, che è stata sfondata. Una montagnola sulla quale, ci raccontano, i bambini rom vengono a giocare con le biciclette. Ora, tranquillo, ci dorme un vecchio cane randagio. In fondo, tutti «rifiuti» o rifiutati. Antonio Maria Mira