Attualità

Dossier. Così il racket sfrutta i piccoli profughi

Ilaria Solaini sabato 22 agosto 2015
Le rotte dei migranti, i Balcani come il Mar Mediterraneo, costituiscono il corridoio principale di transito usato dai trafficanti per trasferire in Europa minori vulnerabili. Ed è così che cresce la schiavitù dei più piccoli. Dal 2012 a oggi 1.679 sono le vittime di tratta accertate in Italia e tra loro, dal 2013, ci sono 130 sono ragazzini, inseriti in progetti di protezione; mentre 7.357 sono gli adolescenti migranti arrivati in Italia dall’inizio dell’anno. Sono alcuni dei numeri del dossier 2015, «Piccoli schiavi invisibili», diffuso da Save the Children, alla vigilia della giornata Onu in ricordo della schiavitù e della sua abolizione. La Nigeria e le schiave bambine La Nigeria è considerato il principale Paese di provenienza, seguito da Romania, Marocco, Ghana, Senegal e Albania. Due sono le prime destinazioni in Italia per le giovani nigeriane: Napoli, dove avviene la compravendita delle ragazze che non hanno già una destinazione prefissata, e Torino per coloro che invece giungono in aereo. Ad attenderle una maman nigeriana, che da quel momento in avanti terrà in pugno le loro vite, stabilendo quando e dove debbano prostituirsi per ripagare il debito contratto dalle famiglie per il loro viaggio. Dall’Est Europa anche per traffici illegali Il dossier di Save the Children mette in luce anche altre forme di sfruttamento, oltre a quello sessuale. Sono soprattutto ragazzine, di origine rom e romena, a essere date in sposa dai loro stessi genitori alla famiglia del marito: diventando così “merce di scambio”, vendute per un costo variabile che può spingersi anche oltre i 50.000 euro. Per ripagare il debito contratto con il “matrimonio” le giovanissime sono costrette a compiere attività illegali come borseggi e furti in appartamenti. Dall’Est non mancano le storie di sfruttamento sessuale di 1617enni, rumene, albanesi, bulgare o moldave, adescate da conoscenti o giovani uomini che le portano in Italia con la promessa di un lavoro da parrucchiera o da baby sitter per poi obbligarle a prostituirsi, sia in strada che al chiuso, in appartamenti o night club. Il lavoro nero riguarda i minori egiziani Quasi 400 minori egiziani, tra giugno e agosto, sono arrivati in Italia: povertà e carenza di opportunità lavorative dell’Egitto sono i principali fattori li spingono a venire nel nostro Paese, con le famiglie che si sobbarcano un debito di viaggio con i trafficanti compreso fra i 2mila e i 5mila euro e che i ragazzi dovranno quindi ripagare con il loro lavoro. A rischio di vita e sotto il controllo dei trafficanti, affrontano il viaggio in mare: una volta approdati in Italia vengono collocati in strutture di accoglienza da cui però solitamente scappano per raggiungere Roma, o altre città del Nord come Torino o Milano. Dove vengono sfruttati nei mercati generali di frutta e verdura, negli autolavaggi, nelle pizzerie o nelle frutterie. 10 euro per caricare un camion di frutta e verdura e 50 centesimi per ogni cassetta riempita. Negli autolavaggi si lavora ininterrottamente anche per 12 ore a 2-3 euro all’ora, come nelle pizzerie. Il racket dei minori eritrei e afghani Lo sfruttamento non ha nazionalità: il racket, infatti, riguarda anche i minori afghani non accompagnati - 850 presenti in Italia al 30 giugno 2015 -: il loro viaggio può costare 3-4mila euro, per ripagare il quale i ragazzi si fermano anche mesi a lavorare in Turchia o Grecia, subendo sfruttamento, violenze e abusi. Talvolta coloro che non hanno disponibilità economica vengono usati dai trafficanti per manovrare il gommone dalla Turchia alla Grecia e così non pagano la tratta. Secondo alcune testimonianze sembra addirittura che, al fine di garantire l’arrivo, i trafficanti facciano fare loro una giornata di prova per imparare a guidare l’imbarcazione. Ad alto rischio anche i ragazzi eritrei - 1.600 arrivati in Italia al 30 giugno 2015 - che possono diventare vittime di tratta, sfruttamento e violenze soprattutto durante l’attraversamento del Sahara o la detenzione in Libia. Nel transito in Italia le loro condizioni di vita sono caratterizzate da un massiccio controllo dei connazionali e una forte promiscuità che, nel caso delle ragazze, può sfociare in violenze e abusi.