L'intervista. Quagliariello: serve un gabinetto di guerra contro la pandemia
Ci vuole un «gabinetto di guerra», vista la situazione che vede quasi 90mila persone morte sul fronte pandemia. È l’uscita dalla crisi che propone Gaetano Quagliariello, senatore di "Idea-Cambiamo!", che - a fianco alle urgenze del momento - non rinuncia alla visione lunga della riforme. In particolare nella direzione della stabilità. L’ex ministro delle Riforme (con Enrico Letta) e uno dei saggi della commissione voluta dal presidente Napolitano, dà la sua lettura della crisi al termine della riunione con i colleghi senatori Berutti e Romani e il leader Giovanni Toti.
Qual è la vostra proposta per uscire da questa crisi?
No a una replica del Conte 2, visto il giudizio che abbiamo sul governo precedente. Sì a un gabinetto di guerra o di salvezza nazionale con pochi punti essenziali e urgenti, che non si possono affrontare se tra una settimana parte una campagna elettorale di due mesi. Intendo la campagna di vaccinazione, il Recovery Plan, i licenziamenti, gli sfratti, la condizione economica, con il debito al 160% del Pil. E poi un percorso parlamentare per le riforme.
In seguito all’appello di Conte al Senato sul proporzionale…
Se dicessimo che il governo deve occuparsi di legge elettorale ora, i cittadini ci prenderebbero per pazzi. Lo può fare il Parlamento: metter mano a un programma di riforme che rafforzi l’impalcatura dello Stato. La legge elettorale non basta. Nel messaggio di Conte di martedì c’è qualcosa di più articolato, si parla di parlamentarismo razionalizzato, di creare i presupposti per non ritrovarci nella situazione in cui siamo ora. Ripeto: è un lavoro che deve fare il Parlamento, che - diciamolo pure - in tempi di Dpcm ha anche tanto tempo, non il governo.
Voi centristi ora siete molto corteggiati.
Siamo tornati alla ribalta non solo per questione di numeri, ma anche perché abbiamo cercato di fare politica e preteso autonomia. È la via su cui vogliamo continuare a crescere. Per questo non bisogna accettare operazioni di palazzo ma parlare al Paese. Noi di Cambiamo cerchiamo di occupare uno spazio politico ampio al quale altri hanno rinunciato.
Salirete anche voi al Colle con la delegazione del centrodestra. Con quale posizione?
Auspico che ci si attesti su quanto emerso dal vertice di martedì. Il minimo comun denominatore è il "no" a un governo Conte 3 che si configura come un Conte 2-bis. Ribadiremo questo e ci appelleremo alla saggezza del capo dello Stato per andare oltre. Poi è evidente che ognuno resterà con le proprie diverse sensibilità.
Salvini e Meloni insistono per il voto. Tajani dice che il governo unitario non è il "governo Ursula" (Pd-M5s più Fi).
Non è una questione di nomi: serve un governo di salvezza nazionale. Sul voto vedo poi che in queste ore l’alternativa "Conte ter o urne" si sta sfrangiando. C’era finché il centrodestra diceva compatto "elezioni subito". Ultimamente alcune forze, Fi e Lega, prendono in considerazione anche altre ipotesi. Salvini lo ha detto con chiarezza.