Def. Quadrio Curzio: «Hanno cambiato piani, mi pare difficile accusare la speculazione»
L'economista Quadrio Curzio
Quando sente il governo prendersela con i mercati e la speculazione per la salita dello spread, l’economista Alberto Quadrio Curzio resta più che perplesso.
Questa caduta dei Btp va addebitata più alla spregiudicatezza del governo o quella dei grandi speculatori?
Io farei una riflessione diversa: sappiamo che l’Italia ha un debito pubblico di oltre 2300 miliardi di euro, sappiamo che questo debito deve essere rifinanziato di continuo, sappiamo che le operazioni del Quantitative easing della Bce finiscono a fine anno. Mettiamo assieme questi elementi e inseriamo un programma di governo che per i conti pubblici si distanzia enormemente da quanto concordato a giugno con la Commissione europea. Quelle che vediamo sono le conseguenze.
I mercati che ruolo hanno in tutto questo?
Il concetto di mercati va un po’ precisato: certo, ci sono gli speculatori, ma ci sono anche le banche, le assicurazioni, i fondi pensione... molti soggetti che operano per tutelare i risparmiatori. Difficile accusare solo la speculazione di movimenti così forti sui nostri titoli di Stato: ognuno fa le sue valutazioni di rischio, rendimento e differenziale, poi agisce di conseguenza.
Nel merito pensa che le misure previste dal governo possano effettivamente dare una spinta alla crescita dell’Italia?
Per adesso è difficile dirlo. Voglio capire come funziona questa flat tax, che per il momento mi pare riduca la pressione fiscale da un lato e la aumenti dall’altro. Mi preoccupa soprattutto il modesto incremento degli investimenti. Il governo punta forte sul rilancio della domanda interna, ma gli effetti sull’economia di un aumento della domanda interna senza investimenti sono molto ridotti. Io sono da sempre un tifoso degli investimenti, che possono essere calati sull’innovazione tecnologica così come sulla manutenzione dei manufatti, tutti ambiti che si portano dietro la creazione di occupazione qualificata. Invece su questi ambiti c’è molto poco. E non c’è nulla per contrastare l’emigrazione qualificata dei nostri giovani, che è uno dei primi problemi dell’Italia. Infine anche le previsioni di crescita del Pil, largamento superiori a quelle di autorevoli osservatori internazionali, mi lasciano molto sorpreso.
Con questi valori di Borsa è reale il rischio, evocato dal governo, dello 'scippo' di aziende italiane da parte di gruppi stranieri?
Se parlano di Eni, Enel e Poste questo non ha senso perché c’è la golden share che impedisce la perdita del controllo da parte dello Stato. Se parlano di grandi gruppi bancari o assicurativi invece non lo si può escludere. Però ci sono due tensioni contrapposte: da un lato i prezzi sono incoraggianti per investitori stranieri, dall’altro però il contesto politico è scoraggiante. Chi porta miliardi di investimenti in Italia guarda anche le condizioni di contorno, a partire dai rapporti tra politica ed economia e oggi non si può dire che il contesto sia allettante. Certe dichiarazioni che magari portano consenso a livello nazionale hanno una risonanza internazionale molto negativa.
La dura lettera arrivata da Bruxelles venerdì l’ha sorpresa?
No, ancora all’Ecofin di giugno il governo italiano aveva concordato obiettivi di bilancio pubblico coerenti con quelli del Def presentato in aprile, poi invece ha portato il deficit 2019 dallo 0,8 al 2,4%. C’è stata una divaricazione molto grande. Nella lettera inviata a Roma, Moscovici e Dombrovskis questo lo ricordano.
Teme che questo governo finirà per portarci fuori dall’Ue?
Non lo so se questa è davvero una prospettiva realistica. Sicuramente non è conveniente. Ricordiamoci che l’Italia è tra gli Stati fondatori dell’Ue e nell’euro ha trovato punti di riferimento importanti. Grazie alla riduzione dei tassi nel 2007-2008 eravamo riusciti a portare il debito di nuovo al 100% del Pil e tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 i nostri titoli di Stato a 10 anni pagavano un interesse irrisorio, attorno all’1,4%. Dico queste cose da europeista razionale: ho continuato a fare proposte di riforma dell’Ue e della zona euro, come quella sugli eurobond per finanziare gli investimenti con costi molto bassi per la raccolta di capitale. C’è ancora una differenza enorme tra il rapporto investimenti- Pil degli Stati Uniti e quello europeo, quella sarebbe la vera strada che l’Europa dovrebbe percorrere. Resto convinto che l’Ue possa essere cambiata rilanciando proposte, non facendo del disfattismo.