In tv. Meloni: «Propaganda dai giudici di Bologna. Dossier, implacabili su infedeli»
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, da Bruno Vespa a “Porta a porta”, su Rai1.
Giorgia Meloni torna in tv, a tutto campo su tutti i principali temi d’attualità: dai migranti e dai centri di Albania, riguardo ai quali definisce «da volantino propagandistico» le argomentazoni del Tribunale di Bologna, che ha rinviato il decreto-legge sui “Paesi sicuri” alla Corte di Giustizia europea per chiedere quali siano i parametri per difinirli, ai dossieraggi rieptuti che sono «uno schifo che deve finire». Ma, ancora peggio dell’intrusione nelle banche dati, sono i «funzionari infedeli» che le dovrebbero proteggere.
Nel salotto “confortevole” di Bruno Vespa la presidente del Consiglio, di fronte a quanto sta emergendo con le inchieste, assicura che il governo sarà «implacabile» non solo con chi si presta alla compravendita di dati, fenomeno non nuovo, ma anche con chi ha la responsabilità del «controllo».
Contromisure già erano state prese tempo fa con un primo decreto-legge, ricorda la premier, ora seguiranno «altre iniziative», sulle quali è al lavoro «un tavolo tecnico ad hoc».
Per mettere un freno come quello che va messo all’immigrazione illegale, cavallo di battaglia del centrodestra. Le tesi dei giudici felsinei non sono piaciute per niente alla leader di FdI. «L’argomento della Germania nazista è efficace sul piano della propaganda, sul piano giuridico è più debole», ragiona citando anche il «surreale pronunciamento del Consiglio d’Europa» sul razzismo che sarebbe presente nelle forze di polizia italiane. Di questo passo, è il suo ragionamento provocatorio, «anche l’Italia potrebbe non essere reputato un Paese sicuro» e «la faccio io tra un po’ l’istanza, perché anche da noi abbiamo qualche problema in qualche territorio circoscritto». In realtà si tratta da parte «di alcuni», insiste, di tentativi di «impedire di fermare l’immigrazione irregolare, sono convinta che la ragione per cui si sta facendo qualsiasi cosa possibile per bloccare il protocollo con l’Albania è che tutti capiscono che è la chiave di volta per bloccare» questo fenomeno. Tant’è, rivela, che «è la prima volta che ricevo minacce di morte dagli scafisti».
L’altro piatto forte della serata è quello dei dossier. La premier si mostra colpita dai «casi di ogni genere» che ci sono stati e li elenca: dal «finanziere (Pasquale Striano, ndr) distaccato alla Direzione Antimafia che faceva decine di migliaia di accessi, inclusi tutti i politici di centrodestra che si pensava potessero andare al governo», al «dipendente della banca che entrava nei conti correnti, tutti quelli della mia famiglia ovviamente». Ora queste nuove inchieste mettono in luce una situazione «inaccettabile», anche in relazione ai superiori che «non si accorgono che vengono fatte centinaia di migliaia di accessi abusivi».
Sul piano politico, galvanizzata dal successo in Liguria (»Siamo 11 a 1 per il centrodestra tra Regionali ed elezioni nelle Province autonome») e pronta ad affrontare referendum «su tutto», la premier in oltre mezz’ora nel salotto tv torna a difendere la manovra contro cui i sindacati hanno - ironizza - un «piccolissimo pregiudizio» e poi respinge ancora le accuse di avere imposto tagli alla sanità: le risorse sono aumentate «di 22 miliardi» rispetto al 2019, rivendica Meloni che poi però, sulla spesa pro capite, telefonino alla mano sbaglia i conti.
Un passaggio, infine, su Raffaele Fitto, in attesa del test delle audizioni al Parlamento Ue per il suo incarico come nuovo commissario e vicepresidente: «Il Pd - afferma - dovrebbe farsi sentire di più» perché «escludo che la posizione» dei dem sia quella dei socialisti europei che si dicono «chiaramente contrari a una vicepresidenza per l’Italia».