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Il testimone . Padre Ibrahim: l'Is non può uccidere la fede

Paolo Viana, inviato domenica 23 agosto 2015
«Un’immensa tristezza per Mar Elian ma la Chiesa è nata nelle catacombe e siamo pronti a ripartire da lì, siamo pronti a ricostruire ciò che viene distrutto». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco della comunità latina di Aleppo ha preso la parola domenica al Meeting con il cuore gonfio di tristezza. La cultura di un popolo può essere uccisa? La nostra storia non può essere uccisa, come non può essere uccisa la fede in Cristo. Eliminare i credenti non basta, anche se questa violenza cieca che si accanisce sui monumenti ha proprio quest’obiettivo. Veder crollare il monastero di Mar Elian, come decine di chiese di Aleppo, infligge una sofferenza inenarrabile, provoca orrore e paura, ma non uccide la storia e la cultura di un popolo, quale che sia l’utilizzo mediatico di queste efferatezze. Al Meeting vi interrogate sulle ragioni per vivere e per morire e parlerà senza mezzi termini di un “martirio”. La Cristianità in Siria può sparire? La distruzione dei monumenti cristiani, ma anche quelli delle antiche civiltà mediorientali, lascia un’impronta di disgusto e la sensazione che tutto sia perduto: in realtà, la Chiesa è nata nelle catacombe e non ha paura di tornarci, anzi ad Aleppo è già in questa condizione. Tuttavia dico con convinzione che siamo pronti a ricostruire una dopo l’altra tutte le chiese e i monasteri che verranno distrutti. Rimettere pietra su pietra. Quanto valgono quelle pietre? Gli uomini, anche un solo uomo che viene ucciso, vale più di un monumento. È il disegno dell’Is, quello di cancellare una civiltà attraverso la distruzione sistematica delle sue vestigia, che preoccupa, perché può diffondere la sensazione che sia la fine. Noi, invece, siamo pronti a resistere, non tanto e non solo per salvare quelle pietre, ma gli uomini che vi vedono i simboli di una fede antica eppure ancora viva. Tutti gli abitanti di Aleppo sono pronti ad affrontare i prossimi mesi con lo stesso coraggio? Aleppo è assediata da tempo dal Califfato. I bombardamenti proseguono, ma la città resta sotto il controllo dei governativi. Abbiamo temuto più volte il peggio ma finora la popolazione è riuscita ad opporsi alla distruzione, anche se i prossimi mesi saranno i più drammatici. Cosa teme, esattamente? Si può vivere sotto le bombe che cadono, ma di sete si muore. I fragili compromessi con le fazioni che controllano le fonti non sono sufficienti a garantire l’approvvigionamento di tutta la città e men che meno un approvvigionamento continuo. Ogni giorno vedo bambini assetati girare nelle strade e ottantenni che vanno a caccia di rigagnoli dove riempire una bottiglietta d’acqua. Questo è un altro terrore che stiamo vivendo.