Salute. Progetti e proteste per una sanità migliore
Si discute anche l'inquadramento del medico di medicina generale
Tempo di progetti e di proteste per la sanità pubblica. Il recente incontro del ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha preceduto di poco la manifestazione organizzata domani a Roma da alcuni sindacati e associazioni della società civile per chiedere maggiori finanziamenti in favore del Servizio sanitario nazionale.
Mercoledì un incontro tra il ministro e i presidenti di Regione ha affrontato alcuni dei nodi – peraltro annosi – che indeboliscono la nostra sanità pubblica: medicina di territorio, divari regionali, mancanza di personale per alcuni servizi. «C’è piena condivisione con le Regioni – ha detto il ministro Orazio Schillaci –. Procederemo ora rapidamente a istituire un tavolo ristretto per affrontare le criticità» della sanità pubblica. Del tavolo ristretto faranno parte le Regioni, il ministero e l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).
Generalmente positiva la valuzione dei presidenti di Regione. «Totale, piena collaborazione con il ministro che sta facendo un ottimo lavoro» ha promesso Luca Zaia (Veneto), aggiungendo di avere sollevato il problema dell’appropriatezza delle prestazioni e della medicina difensiva.
Interventi per le regioni disagiate ha chiesto Roberto Occhiuto (Calabria) con benefici economici e di carriera «come avviene per magistrati e poliziotti quando vanno in aree dove è più complicato lavorare». E ha chiesto maggior sostegno dal ministero per le Regioni commissariate.
Soddisfatto per la convocazione al ministero Alberto Cirio (Piemonte): «È stata un’ottima opportunità. Abbiamo tanto lavoro da fare insieme, ma questo metodo ci piace».
Di «drammatica situazione del personale» ha parlato Vincenzo De Luca (Campania): «È necessario avere stanziamenti per la sanità pubblica adeguati a un Paese civile. Su questi punti vorremmo fare una battaglia unitaria per portare almeno al 7% le risorse del Pil destinate alla sanità pubblica».
«Siamo risultati primi per i Lea per l’ennesimo anno consecutivo – osserva Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) – ma anche da noi non si trovano più medici e infermieri, si fa fatica ad avere le risorse per cui alzo il cartellino giallo perché non diventi rosso a questa destra che ha un obiettivo preciso: tagliare sul pubblico per favorire la sanità privata».
Un concetto contestato dal ministro Schillaci: «Abbiamo incontrato i sindacati e credo che ci sia un clima di collaborazione mi dispiace che oggi (venerdì, ndr) qualche giornale abbia scritto che io voglio far lavorare di più i medici senza pagarli. Io ho detto che se i medici lavorano di più devono essere pagati meglio di come sono pagati adesso. Nessuno vuole privatizzare Ssn e definanziarlo».
Da parte sua la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) fa rilevare, per bocca del suo presidente Filippo Anelli, che «è il momento di attribuire un ruolo forte al ministero della Salute, con risorse dedicate ad appianare le disuguaglianze di salute che dividono il nostro Paese». Il rapporto Crea (Centro per la ricerca economica applicata) sulla sanità indica infatto che solo otto sono le Regioni promosse (e solo Veneto, Trento e Bolzano con lode), sette sono rimandate e sei bocciate, sulla base di una serie di parametri, tra cui appropriatezza ed equità delle cure, oltre ad aspetti economici e di innovazione. Una situazione che fa dire ad Anelli che l’Italia «è spaccata in due», con 29 milioni di italiani (nelle otto Regioni promosse) che godono di una buona assistenza sanitaria, e altrettanti (quasi tutti al Centro-Sud), che potrebbero incontrare serie difficoltà nell’accesso alle cure».
Nell’incontro tra ministro e presidenti di Regione vede un segnale positivo il sindacato della dirigenza medica ospedaliera Anaao-Assomed, ma chiede che seguano «fatti». «Le parole del ministro appaiono largamente condivisibili – osserva il segretario nazionale Pierino Di Silverio –, perché denotano conoscenza delle criticità che affliggono il nostro Sistema sanitario nazionale insieme alla consapevolezza dei rischi cui sta andando incontro. Ma siamo ancora nel campo delle parole, a una diagnosi cui non seguono terapie appropriate».
«Occorrono interventi sulle retribuzioni e sulla normativa, sulla struttura dei contratti di lavoro e sulla loro tempistica, sulla governance delle aziende sanitarie e sul ruolo dei professionisti al suo interno», conclude Di Silverio, chiedendo il coinvolgimento delle parti sociali nel confronto.
E per domani, sabato 24 giugno, una manifestazione è stata programmata a Roma dal sindacato della Funzione pubblica Cgil in difesa del diritto alla salute, per il rilancio del Servizio sanitario nazionale, pubblico e universale, e per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Da piazza della Repubblica il corteo si dirigerà a piazza del Popolo, dove gli interventi dal palco saranno chiusi dal segretario generale della la Cgil, Maurizio Landini. Novanta le associazioni che aderiscono, tra cui Acli, Emergency, Action Aid, Arci, Anpi, Antigone, Articolo 21, Cittadinanzattiva, Fondazione Gimbe, Libera, Greenpeace, Legambiente, Salviamo la Costituzione, Libertà e giustizia, Rete italiana Pace e disarmo.
«Sono almeno 15 anni che si taglia sulla sanità – ammette Maurizio Landini – ma anche questo governo, nel Def, ha programmato una riduzione della spesa per la sanità pubblica. Non siamo d’accordo, serve invece aumentarla progressivamente come in Francia e in Germania dove è investito il 9% del Pil e noi fermi al 6%».
Tra le proposte della Fp Cgil c’è anche «una riforma delle cure primarie», che passi attraverso un superamento della convenzione, che attualmente caratterizza il rapporto tra medici di medicina generale e Servizio sanitario nazionale e un passaggio alla dipendenza. Inoltre una vera e propria specialità universitaria in Medicina generale.
Per superare la “Urgenza Sanità”, come la definisce Cittadinanzattiva, «occorrono investimenti sufficienti e continuativi e un Patto per la salute fra Stato e Regioni. Annunciando l’avvio di «un’indagine di accesso civico presso le Regioni» sul tema delle liste d’attesa per «conoscere i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate in regime pubblico e in intramoenia e verificare gli eventuali provvedimenti messi in atto dalle amministrazioni, laddove sia stato superato il limite previsto dal Piano nazionale di governo delle liste di attesa nel rapporto tra le due attività» .
Ritiene «obsoleto» lo strumento della Convenzione anche Pina Onotri (Sindacato medici italiani, Smi) e pertanto condivide la proposta di dipendenza per i medici di famiglia: «Le ultime affermazioni del ministro della Schillaci – osserva il segretario Pina Onotri – l’istituzione della scuola di specializzazione in Medicina generale, l’assunzione a dipendenza dei medici che lavoreranno nelle Case di comunità e il passaggio a dipendenza volontario per i colleghi attualmente a contratto di convenzione non ci trova contrari».
«Se vogliamo salvare il Servizio sanitario nazionale – osserva il presidente dell’Istituto di ricerche farmacologi he “Mario Negri”, Silvio Garattini – la battaglia di fondo è non difendere le posizioni di privilegio. Penso ad esempio alla medicina territoriale, oppure riuscendo a mettere mano alle cose che oggi non vanno». L’incontro tra Schillaci e i presidenti di Regione è stato «incoraggiante» perché «si parla di migliorare la situazione economica dei sanitari, oggi sottopagati anche rispetto ai colleghi europei», e poi perché «forse c’è l’idea di intervenire sull’intramoenia che ha portato a un sistema in cui chi ha soldi può avere tutto». Infine «mi pare di capire che si vorrebbe portare i medici di famiglia ad essere assunti dal Ssn così da poter lavorare nelle Case di comunità. Quindi sono ottimista, se però il Governo farà quello che sta dicendo» puntualizza Garattini.