Serbia. Profughi bloccati al gelo sulla rotta balcanica
(Darko Vojinovic/Ansa)
Mentre il mondo si prepara a celebrare la Giornata del migrante e del rifugiato, quei minori stranieri a cui il Papa ha deciso di dedicarla rischiano di morire di freddo lungo la rotta balcanica, oramai interrotta da mesi.
«Questo posto non è per esseri umani forse non è neanche per gli animali. Ma che possiamo fare? Io ho fatto troppa strada per arrivare qui, indietro non ci torno. Se mi portano in un centro mi rimandano nel mio Paese. Non posso rischiare, preferisco aspettare, prima o poi si decideranno a riaprire queste frontiere». Sono le parole di Akim, un giovane pakistano che a Belgrado ha cercato riparo nei vecchi edifici abbandonati, a ridosso della stazione. Assieme a lui solo nella capitale serba ci sono altre 2mila persone bloccate al gelo che rischiano di morire per assideramento.
A causare la crisi umanitaria è la cinica noncuranza delle politiche degli Stati europei: se vi si aggiungono le temperature glaciali e la mancanza di preparazione per l’inverno ci si trova davanti a una situazione già insostenibile per migliaia di uomini, donne e bambini da mesi cercano vanamente protezione umanitaria in Europa.
I Paesi lungo la rotta balcanica hanno fatto a gara nell'inasprire progressivamente le misure deterrenti per fermare il flusso di persone a partire da marzo 2016 quando l'Ue ha firmato l'accordo con la Turchia per il respingimento dei migranti e contestualmente tutti gli Stati sulla rotta balcanica hanno deciso unilateralmente di chiudere le frontiere e non applicare più le normative internazionali che garantiscono il diritto alla protezione umanitaria.
Dopo essere stati bloccati dalle politiche europee sulla migrazione, oltre 60mila migranti e rifugiati si trovano ora costretti al gelo in Grecia e nei Balcani, in ripari per nulla adatti alle rigidi condizioni invernali. Coperte termiche, sacchi a pelo, scarpe e indumenti pesanti sono stati distribuiti tra Grecia e Serbia dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) che ha espresso forte preoccupazione per la situazione in cui si trovano rifugiati e migranti a causa delle temperature rigide che stanno tenendo in scacco mezza Europa. «Salvare vite umane dev'essere una priorità ed è urgente che le autorità nazionali di tutta Europa si impegnino maggiormente per assistere e proteggere rifugiati e migranti» è l'appello che si legge sul sito dell'Acnur.
«Almeno la metà delle persone visitate nelle nostre cliniche - ha spiegato Andrea Contenta che lavora con Medici senza frontiere in Serbia - riportava lesioni dovute a episodi di violenza. I metodi di deterrenza estremi non si arrestano e si aggiungono a uno degli inverni più rigidi degli ultimi anni. A Belgrado ha iniziato a nevicare il 3 gennaio. Circa 2mila persone dormono in edifici abbandonati e capannoni industriali, bruciando tutto quello che trovavano per scaldarsi. Inoltre, abbiamo ricevuto segnalazioni della morte per freddo di una donna somala nel sud della Bulgaria e di due uomini iracheni al confine tra Turchia e Bulgaria» e chissà di quante altre persone si sono perse le tracce.
I transitanti di Belgrado rischiano ogni giorno l’assideramento: le temperature ormai oscillano tra i dieci e i quindici gradi sotto lo zero. Il governo serbo, dal canto suo, sta cercando di convincere i transitanti a lasciare il Paese e non vede di buon occhio il lavoro di assistenza fatto dalle organizzazioni umanitarie. E così ad aiutare queste persone ci pensano soltanto i volontari, come è successo già in altre parti d’Europa: da Roma a Como fino a Idomeni e Calais.