«Sono innocente, non possono marchiare la mia vita. Sono innocente, se resta un briciolo di ragionevolezza qualcosa di positivo dovrà accadere». Silvio Berlusconi prova a esorcizzare il pessimismo di Niccolò Ghedini. Prova ad allontanare lo spettro della condanna. Prova a fugare le paure della figlia Marina. «Papà vogliono scavarti la fossa, c’è una magistratura politicizzato che da sempre punta a questo». «No, prevarrà il buon senso, non può non prevalere», ripete il Cavaliere a bassa voce. E ancora: «No, non possono condannarmi». A Palazzo Grazioli c’è silenzio. Un silenzio irreale e contagioso. Si attende con il fiato sospeso. Si attende senza fare scenari. Si attende senza valutare piani B. C’è chi azzarda ipotesi. Chi racconta di un Berlusconi pronto, in caso di condanna, a rimettere in pista Forza Italia e a ricontrattare con Letta il peso dei suoi nel governo. Sono solo ipotesi. Berlusconi oggi è solo. Con la compagna. Con le parole dei figli che oggi saranno al suo fianco. E con le valutazioni tecniche degli avvocati che lui continua a non capire e a non condividere: «Non punto a mezze assoluzioni. Le sentenze di condanna dovrebbero essere cancellate radicalmente», confida esagerando in fiducia.Si guarda al dopo sentenza. Ci si interroga sui contraccolpi. «Oggi potrebbe cambiare tutto, ma non il mio atteggiamento, non la mia responsabilità», sussurra il Cavaliere. Chi lo conosce da sempre prova a capire il senso di quelle quattro parole. Avanti con Letta anche se condannato? «Una condanna sarebbe una follia. Già è una follia mettere a rischio la stabilità del Paese in un momento così drammaticamente complicato». Una pausa leggera. Poi ancora considerazioni "rubate" dagli sfoghi più privati. «Sono sereno. Prevarrà il buon senso». Ancora una pausa. «Già, perchè una condanna rischia di rendere reale la profezia di Casaleggio. L’instabilità, il caos, i mercati a picco, la credibilità dell’Italia...». Sembra un ultimo disperato avvertimento, un messaggio ai giudici della Cassazione. Berlusconi però chiarisce. Ora solo nelle conversazioni più private. «Io condannato? Resto leale al governo e chiedo al Pdl di fare altrettanto. Ma è il Pd che salta. Che fa il Pd, resta al governo con il Caimano ora pure condannato?». È uno sfogo amaro. A tratti la fiducia del capo del centrodestra sembra vacillare, a tratti sembra inevitabile fare i conti con il quadro più cupo. «Condanna? Tengo duro, non lascio il governo e non lascio l’Italia. Ho il dovere di battermi, di gridare i miei no a una giustizia malata», continua a ripetere Berlusconi senza nessuna concessione all’ala dura del partito. Il Pdl tace. Nessuno parla. Nessuno azzarda scenari. Maurizio Gasparri però "regala" un’ammissione che fa pensare: «Ero ottimista, ma la requisitoria del sostituto procuratore generale della Cassazione non mi è piaciuta...». Anche il vicepresidente del Senato sospira. Anche lui azzarda scenari cupi: «Una condanna? Non voglio nemmeno pensarci. Le conseguenze per il Paese sarebbero nefaste», taglia corto il vicepresidente del Senato. Tutti aspettano in silenzio e, mentre l’ora della verità si avvicina, il pessimismo torna a farsi largo nelle fila del Pdl dove l’ala dura lancia la sfida: siamo pronti a scatenare l’inferno. È la fine del governo? Pier Ferdinando Casini, uno che conosce la politica e conosce Berlusconi, non ci crede: «Il Cavaliere è lucido. Non credo farà saltare il banco. Questa sentenza però rischia di creare più fibrillazioni nel Pd che nel Pdl. Questo è il rischio, ma significherebbe la fine del Pd». <+copyright>