Vaticano. Processo "chierichetti": prosciolti gli imputati
Il Tribunale vaticano, nel processo per gli abusi al Preseminario che ospita i cosiddetti "chierichetti del Papa", ha deciso di prosciogliere i due imputati, don Gabriele Martinelli e don Enrico Radice. Per alcuni reati sono assolti, per altri non punibili, per altri ancora è intervenuta la prescrizione. Il Pg aveva chiesto 6 anni di reclusione per il primo (che oggi ha 29 anni), per atti di
violenza carnale aggravata e atti di libidine aggravati, e 4 per il secondo (che era il rettore del preseminario, oggi 71enne), per favoreggiamento. La sentenza è di primo grado ed è possibile il ricorso in appello. Il TRibunale, dopo la sentenza ha anche diffuso un comunicato stampa in cui spiega le proprie decisioni. In particolare, si fa notare, il collegio giudicante «ha stabilito che debbano ritenersi accertati i rapporti sessuali, di varia natura ed intensità, tra l'imputato e la persona offesa, effettivamente protrattisiper l'intero arco ultraquinquennale», cioè dal 2006 al 2012. «Viceversa - continua la nota - difetta la prova per affermare che la vittima sia stata costretta a detti rapporti dall'imputato con la contesta violenza o minaccia».
In particolare, per quanto riguarda don Martinelli, accusato degli abusi ai danni di un ragazzo all'epoca dei fatti di poco più giovane di lui, la sentenza riconosce la sua non punibilità per i fatti contestatigli fino al 9 agosto 2008 in quanto minore di 16 anni. Lo assolve per i fatti contestatigli dopo quella data per insufficienza di prove.Ad ogni modo, «i fatti relativi al periodo dal 9 agosto 2008 al 19 marzo 2009 (data in cui anche L.G., la presunta vittima, ha compiuto 16 anni costituiscano il reato di corruzione di minorenni, ma che tale reato si è estinto già prima del 2014, cioè molti anni prima della presentazione della querela (18 aprile 2018) e quindi dell'inizio delle indagini».
Per quanto riguarda don Radice, è stato assolto in quanto il fatto non sussiste dall'accusa di aver scritto una lettera ad apparente firma di monsignor Diego Coletti, all'epoca vescovo di Como, da cui dipendeva giuridicamente la struttura del preseminario. Secondo i giudici essa «non è risultata idonea a costituire al cun aiuto a eludere le indagini e quindi a integrare il reato contestato».
Il tribunale lo ha dichiarato non punibile per le dichiarazioni rese al Promotore di giustizia il 6 settembre 2018, in seguito alle quali gli veniva imputata la falsa testimonianza. In rapporto a tale punto, la sua legale ha spiegato: «La dichiarazione che ha fatto davanti al promotore di giustizia per la quale il promotore aveva detto che aveva dichiarato il falso dicendo che non era sussistito nulla di quanto gli era stato contestato, non è un reato perché ogni persona è libera di dire quello che in coscienza sente di essere vero».
Prescrizione infine per i fatti contestati come commessi nell'ottobre 2013. Don Radice infatti veniva accusato di aver inviato nel 2013 una lettera all’allora vescovo di Como Diego Coletti, in cui contraddiceva la denuncia di L.G. (la presunta vittima) contro Martinelli, parlando di “fumus persecutionis”.In un comunicato diffuso dopo la sentenza, il Tribunale fa notare: «Il Collegio ha rilevato che effettivamente le verifiche e gli accertamenti furono svolti dal Rettore del Preseminario e, ancor più, dal vescovo Coletti in modo assolutamente superficiale, senza approfondire le questioni essenziali onde giungere ad una rapida archiviazione». Ma nel frattempo è intervenuta la prescrizione.