Attualità

Campania. Processioni e feste religiose: basta zone d'ombra

giovedì 25 settembre 2014
I vescovi della Campania esprimono amarezza e solidarietà all’arcivescovo di Salerno, Luigi Moretti, per quanto avvenuto domenica scorsa nel corso della processione di San Matteo. L’amarezza corrisponde al constatare «una vera e propria ferita inferta ad una Chiesa che venera intensamente i suoi santi» e che – come scrivono in una nota i vescovi campani – atteggiamenti pretestuosi e prese di posizione ingiustificate hanno decisamente deturpato nel suo autentico volto, mentre si cercava di vivere «una serena e gioiosa esperienza di fede». La processione è testimonianza di fede: vede tutte le componenti ecclesiali impegnate, insieme, in «un cammino che aiuti tutti a vivere la bellezza dell’essere cristiani e a fare della venerazione dei santi una concreta occasione di crescita», personale e comunitaria. L’amarezza, ancora, è per una Chiesa ferita nella sua autenticità, mentre promuove una coerente «valorizzazione della pietà popolare». E questa pietà «difficilmente può armonizzarsi, confondersi o scendere a compromessi con prassi che derivano da forme di sincretismo magico-religioso e di ritualismo prive di spessore ecclesiale e spirituale». Quanto è accaduto, ben oltre l’amarezza, esige rinnovato vigore nel cammino di evangelizzazione, teso a promuovere e valorizzare autenticamente la pietà popolare. È necessario ridurre le zone d’ombra che tradiscono la qualità autentica della pietà popolare, per evitare che alcune «feste nella nostra regione abbiano solo la parvenza del sacro»; siano «svuotate del loro contenuto cristiano» e, di fatto, «non rendono credibile la fede». I vescovi della Campania non intendono in alcun modo inibire la sensibilità veramente popolare dei fedeli ma chiedono che «le feste religiose siano autentiche celebrazioni di fede incentrate nel mistero di Cristo e siano purificate da infiltrazioni profane». I fedeli, dal canto loro, devono evitare «atteggiamenti supponenti e pretestuosi, che di fatto snaturano e offendono la natura stessa della fede popolare».