Le tappe. Prima lo scostamento di bilancio, poi conta in Aula o dimissioni del premier
Giuseppe Conte
È una crisi complessa e confusa, in cui, prima di avanzare ipotesi, bisogna mettere in fila i pochi dati certi. Tre, in particolare.
1) La crisi politica è in atto, ma non è ancora una crisi formale perché il premier Giuseppe Conte non si è dimesso e non sono fissate alle Camere mozioni di sfiducia contro il governo, né Matteo Renzi, per ora, ha annunciato questo passo.
2) L'esecutivo è nel pieno delle sue funzioni. Il premier nelle prossime ore assumerà l'interim delle due ministre di Italia Viva dimissionarie o le sostituirà, e con la squadra di governo in carica compirà i prossimi atti, a partire dallo scostamento di bilancio.
3) Italia Viva ha assicurato il proprio sì in Aula allo scostamento di bilancio e al futuro decreto-ristori, qualsiasi sia il governo che varerà il provvedimento.
Sono tre pilastri a cui appigliarci per provare a prevedere tempi e modi della crisi. Il perno, in particolare, diventa lo scostamento di bilancio. Il Consiglio dei ministri dovrebbe vararlo stasera. Come avvisava qualche giorno fa il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, per approvarlo serve un governo nel pieno delle sue funzioni, non un governo dimissionario o in carica solo per le funzioni ordinarie. Quindi è prevedibile che sino al Cdm dello scostamento non ci saranno atti e fatti che accelerino la crisi trasformandola da "politica" a "formale".
Il punto è cosa accadrà dopo il varo dello scostamento di bilancio da parte del Cdm. Probabile che il voto parlamentare di ratifica sia messo subito in calendario, scavalcando tutti gli altri provvedimenti. Ma ciò vuol dire che ci vorrà qualche giorno di tempo. L'esame parlamentare dello scostamento potrebbe avvenire la settimana prossima, e dopo questo passaggio potrebbe aprirsi la crisi formale. Non da escludere che il passaggio parlamentare della crisi avvenga prima del voto sullo scostamento di bilancio, se ci sono sufficienti garanzie sulla continuità della legislatura.
Dopo lo scostamento in Cdm, Conte avrebbe a disposizione, sostanzialmente, tre strade:
- la prima, approvato il nuovo deficit, è quella di consegnare le proprie dimissioni al Quirinale, constatando la fine dell'attuale maggioranza. Il presidente della Repubblica potrebbe accogliere le dimissioni e quindi aprire le consultuazioni con i partiti oppure congelarle, chiedendo a Conte di andare a verificare i numeri in Aula. Questa seconda opzione dipende dal quadro che dipingerà il premier: se Conte affermerà di avere a proprio sostegno una maggioranza numerica e politica solida, avrà la chance di verificarlo alle Camere.
- la seconda strada - sempre dopo il varo del nuovo deficit - è quello della "conta" in Aula. Il premier, cioè, andrebbe dritto alle Camere a verificare se ha ancora la fiducia, sfidando apertamente Matteo Renzi. Potrebbe uscirne vincitore, grazie a una pattuglia di "responsabili" che avrebbe avuto il modo di compattarsi e darsi un'identità anche politica. O potrebbe uscirne sconfitto. In tal caso il pallino tornerebbe tra le mani del Quirinale.
- la terza strada - una via di mezzo - prevede che dopo lo scostamento di bilancio Conte vada in Aula - in particolare al Senato, dove i numeri sono più fragili - per fare delle comunicazioni sulla situazione politica. Una circostanza che gli consentirebbe di capire come sono posizionate le truppe. A seguire, il premier potrebbe salire al Colle con le proprie dimissioni.
Avere dei giorni avanti prima del "redde rationem" ovviamente consente lo sviluppo di fatti politici nuovi. Il premier potrebbe produrre un nuovo "patto di legislatura" da proporre a Italia Viva o potrebbe convocare i leader dell'attuale maggioranza per un chiarimento ufficiale. Al contempo, i vari gruppetti parlamentari che si stanno affacciano sulla balconata dei "responsabili" potrebbero palesarsi con più chiarezza. Insomma, passaggi formali e passaggi politici procedono di pari passo.