Padre Baggio. «Così aiutiamo il Papa a costruire un mondo più umano»
Papa Francesco accarezza un neonato durante un incontro con alcune donne migranti
Il nuovo Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale istituito lo scorso anno ha un ufficio che «si occupa specificamente di quanto concerne i profughi e migranti». Questa sezione «è posta ad tempus sotto la guida del Sommo Pontefice che la esercita nei modi che ritiene opportuni». Un caso più unico che raro nella pluricentenaria storia della Curia Romana. Per saperne di più Avvenire ha intervistato lo scalabriniano veneto Fabio Baggio, che, insieme al gesuita slovacco-canadese Michael Czerny, ne è il sotto-segretario.
Padre Baggio, come funziona un ufficio un po’ sui generis come il vostro?
C’è voluto un po’ tempo anche per noi. L’abbiamo capito grazie ai chiarimenti che il Santo Padre ci ha gentilmente fornito prima della nostra nomina, pubblicata il 14 dicembre 2016. Dopodiché, assieme al Santo Padre, abbiamo tradotto in termini concreti la sua guida diretta della nostra Sezione.
Quindi? Concretamente abbiamo incontri mensili col Papa. In queste riunioni a tre presentiamo un rapporto delle attività svolte durante il mese precedente e poi illustriamo le richieste particolari per situazioni emerse nelle nostre ricerche o che ci vengono sottoposte dai nostri 'partner', che sono le Chiese locali e particolari, le congregazioni religiose e le organizzazioni cattoliche. Lui ci chiede un parere e poi offre delle indicazioni operative.
Questa guida diretta è ad tempus. Che vuol dire?
Nel momento in cui il Papa pensasse che la tematica dei rifugiati e dei migranti - ora ritenuta di particolare preoccupazione - rientrasse nell’ordinarietà, allora la sezione tornerebbe alle dipendenze dei superiori del dicastero.
Come vi rapportate con gli altri organismi vaticani?
Collaboriamo con tutti gli uffici della Curia. In particolare con le altre sezioni del dicastero di cui facciamo parte, tenendo presente che molte tematiche da noi affrontate sono intrecciate con quelle che riguardalo la giustizia e la pace, la sanità e le iniziative caritative. Abbiamo un contatto diretto con il cardinale prefetto Peter Turkson con cui ci confrontiamo regolarmente.
E con la Segreteria di Stato?
Ci siamo subito accorti che per lavorare sul tema delle migrazioni, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta, il rapporto coi governi è essenziale. E la responsabilità di questo tipo di dialogo per conto della Santa Sede è della Segreteria di Stato. Abbiamo già incontrato il cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul R. Gallagher proprio per garantire una sinergia reale nella garanzia delle competenze proprie. E abbiamo stabilito che siano previsti incontri regolari, a cadenza mensile, con il Segretario dei Rapporti con gli Stati.
Quali sono le vostre competenze? Il Papa è stato chiaro. Noi raccogliamo situazioni, preoccupazioni, riflessioni. Ma poi quando si tratta di fare, chi deve agire sono le Chiese locali e particolari, ossia le diocesi e le conferenze episcopali. Noi siamo sempre al loro servizio e non dobbiamo mai agire senza di loro.
E laddove ci fosse una richiesta di aiuto?
In questo caso subentriamo secondo il principio di sussidiarietà. Il nostro supporto può andare da una assistenza - tecnica o formativa - all’aiuto per trovare un finanziamento. Ma sempre in stretto contatto con la Chiesa locale o particolare.
Quali sono quindi i vostri ambiti di lavoro?
Il primo è quello di raccogliere informazioni, con una attenzione particolare alle situazioni più periferiche. Il secondo ambito, per il quale ci stiamo attrezzando con una serie di collaboratori esterni, riguarda l’elaborazione di analisi scientifiche - ma anche teologiche e pastorali - delle tematiche di nostro interesse. A questo proposito sono contento di poter dire che ci sono molti volontari che si sono fatti avanti per collaborare. Il terzo ambito è quello di 'costruzione', laddove forniamo alle Chiese locali e particolari indicazioni pastorali e raccomandazioni concrete. Nel momento poi in cui una Chiesa locale o particolare ci chiede una mano e questo è il quarto ambito - allora interveniamo più direttamente.
Quali sono le aree operative globali in cui avete già deciso di impegnarvi?
Su indicazione del Papa siamo impegnati, in collaborazione della Segreteria di Stato e le organizzazioni cattoliche, a preparare la Conferenza intergovernamentale sulle migrazioni internazionali fissata dall’Onu per il 2018. Stiamo lavorando molto poi sulle politiche migratorie che in alcuni Paesi diventano sempre più restrittive. Siamo anche preoccupati del moltiplicarsi di manifestazioni anche xenofobiche e razziste. Non vogliamo entrare nei casi particolari, ma studiamo il fenomeno globale. A questo proposito il Papa ci ha chiesto di promuovere la cultura dell’incontro che contrasti quello delle chiusure, il protezionismo assoluto e il nazionalismo esasperato.
Altri campi di intervento?
La lista è lunga. Alcuni esempi sono il diritto alla riunificazione familiare, la non detenzione per i minori non accompagnati, e il riconoscimento dei titoli di studio. Quest’ultimo nel segno di una maggiore valorizzazione delle persone che vengono da fuori. In questa prospettiva, stiamo cercando di promuovere l’avvio di programmi di avanguardia in alcuni Paesi, nel rispetto delle necessità locali.
Sarete presenti anche nel mondo dei social?
Certamente. Siamo molto attivi su Twitter, Facebook e Instagram. Inoltre è già in funzione la nostra pagina web (www.migrantsrefugees. va), che punterà a raccontare le notizie positive di cosa migranti e rifugiati stanno facendo nelle nostra società per renderle più belle. E a raccontare quello che l’impegno ecclesiale a favore dell’integrazione, di una inclusione maggiore e di riscatto, nel caso delle vittime della tratta. Il Papa lo ripete spesso: si sottolineano troppo le brutte notizie... portiamone qualcuna di buona!