Maxievasione e maxicondono. Premiare Azzardopoli?
Al di là del caso specifico, diciamo subito che fondare su una sanatoria una manovra di riduzione della pressione fiscale, come è stata presentata l’operazione sull’Imu, e in attesa di capire che cosa ci riserverà il futuro a partire dalla nuova 'Service tax', non è un’operazione propriamente equilibrata sul piano del buon senso. Se poi si entra nel merito della vicenda, considerato a quale tipo di attività viene concesso lo sconto, diciamo che il disequilibrio si estende ai piani dell’etica e della responsabilità sociale. Una concessione che non è improprio (e neppure giocoso) definire azzardata.
Tutto incomincia nel 2007, quando un’indagine della Guardia di finanza appura che diverse migliaia di slot machine, per un lungo periodo dal 2004 al 2007, non erano state collegate alla rete della Sogei, la società delle Finanze, per il necessario conteggio delle giocate e delle vincite. In pratica le persone scommettevano, perdevano e vincevano, ma di questo non restava traccia nei computer dello Stato, e ovviamente nelle casse dell’erario. È un po’ come far viaggiare le macchine su un’autostrada non terminata e senza caselli, ma con qualcuno che riscuote comunque il pedaggio. Come questo sia stato possibile resta un mistero italiano.
L’indagine ha comunque evidenziato pesanti inadempienze nei controlli da parte dell’amministrazione dei Monopoli dello Stato, circostanza che è benigno definire paradossale, se si pensa a quanta evasione è stata possibile. All’inizio – come i lettori di questo giornale sanno, perché sono tra i pochi ad averlo potuto leggere, e con il debito rilievo – la procura della Corte dei conti aveva quantificato il danno per l’erario in 98 miliardi di euro: una cifra enorme, che teneva però conto anche di tutte le penali previste dai contratti con le concessionarie delle slot, ma che alla fine di una prima fase del contenzioso una sentenza ha ridotto a 2,5 miliardi. Il giro d’affari legato agli apparecchi per il gioco d’azzardo ammonta a circa 80 miliardi l’anno. E parliamo di un 'mercato' nel quale non si consumano solo drammi umani e familiari, e che ha costi rilevantissimi sul piano sociale, ma nel quale l’infiltrazione delle organizzazioni criminali, come è stato più volte denunciato e più volte appurato, rappresenta un rischio costante, elevatissimo e concreto.
Ora si potrebbe dire che di fronte al pericolo di un ancora lungo contenzioso con le società delle slot, e alla possibilità di non vedere un euro per molti anni, lo Stato abbia fatto di necessità virtù nel concedere un ulteriore maxi sconto sulla sanzione residua. L’argomento ha già 'giustificato' numerosi condoni in passato, e a seconda delle circostanze e degli obiettivi, in casi limite, potrebbe persino essere rispolverato. Ma come si fa a pensare che in questo caso si possa riproporre questo deprimente schema? Qual è il messaggio che un simile 'regalo' fa arrivare al Paese e al mondo delle imprese? Come si fa a spiegare a tutti noi, cittadini, che l’obiettivo della riduzione delle tasse – e per esteso, ammettiamo pure, del rilancio dei consumi – viene perseguito graziando i 'furbetti delle slot'?
Sia chiaro: non è in discussione l’idea di immaginare incentivi e premi ad attività imprenditoriali legittime in una fase in cui la coperta delle risorse è veramente corta. Anzi. Il problema sorge quando si entra in un territorio, quello di Azzardopoli e delle lobby che la governano, nel quale in questi anni gli argini sono stati quasi completamente divelti e i limiti all’invasione dell’illegalità sono purtroppo strutturalmente inadeguati. L’errore è impressionante, correggerlo è una priorità.