È durissima. E il peggio sembra debba ancora arrivare. A pochi chilometri da qui, sul portone del centro di distribuzione diocesano della Caritas di Chieti, c’è un cartello: "Chiuso per mancanza di alimenti", che sono finiti nel giro di quattro giorni per le richieste e la disperazione dei poveri cresciute - entrambe - oltre ogni previsione. Ed è solo un ultimo esempio. Non dev’essere quindi un caso se tra i cinque "gruppi di confronto" che lavorano al trentaseiesimo «Convegno nazionale delle Caritas diocesane" (qui a Montesilvano da ieri a dopodomani) ce n’è uno specifico sulla «Famiglia». Mentre casuale non lo è di certo che il vescovo di Lodi Giuseppe Merisi, presidente di Caritas italiana, l’abbia detto chiaramente nella sua prolusione che ha aperto il convegno: «Aumentano le situazioni di povertà estrema, che coesistono tuttavia con una vita apparentemente normale». Dunque «la crisi colpisce dunque sempre più duramente ampie fasce di popolazione e la Chiesa è chiamata a moltiplicare gli sforzi». Sono venuti a centinaia da tutta Italia, i delegati Caritas, per questa "quattro giorni". Tanti abbracci e saluti fra amici che vivono e operano vicini e lontani. Hanno pregato guidati dal vescovo ausiliare dell’Aquila, Giovanni D’Ercole. Ricevuto i saluti dell’arcivescovo di Pescara-Penne, Tommaso Valentinetti. Questo convegno è un appuntamento, vista appunto la situazione del Paese, fondamentale: «Sicuramente questo tempo ci impone di verificare il nostro essere Chiesa, il nostro modo di intendere il servizio delle Caritas nei diversi territori, le nostre modalità di sviluppare percorsi educativi per le nostre comunità», ha spiegato Merisi. Dopo di che, «non credo sia ragionevole immaginare che questo Convegno sappia dare tutte le risposte», però «sarebbe un risultato già straordinario definire insieme le domande più urgenti a cui dovremo rispondere e, sempre insieme, darci una prospettiva comune di ricerca e di lavoro». Da qualunque parte la si voglia vedere, la situazione resta la stessa: «Crescono le persone che si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi socioassistenziali gestiti dalle Caritas diocesane» e «cresce la percentuale di italiani che si rivolgono a noi», sottolinea Merisi. Aumenta «la multiproblematicità delle persone prese in carico, soprattutto degli italiani». La fragilità occupazionale «è evidente» e rende difficile «per molte famiglie coprire le necessità, anche più elementari, del quotidiano». Sono sempre di più «gli anziani e le persone in età matura che si affacciano ai servizi Caritas». Si registra «un peggioramento di chi stava già male: aumentano in percentuale le situazioni di povertà estrema, che coesistono tuttavia con una vita apparentemente normale, magari vissuta all’interno di un’abitazione di proprietà».La guida resta il Padre. Lo ha ricordato ripetutamente Merisi. E lo ha spiegato a lungo l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte: «Spesso, chi si allontana da Dio lo fa perché non ha mai veramente sperimentato la grandezza del Suo dono», ha detto, rifacendosi al tema del convegno (si può seguire in streaming sul sito
www.caritasitaliana.it): "Educare alla fede per essere testimoni di umanità". E «non si esagera nel pensare che tante volte l’amore divino è più ignorato che consapevolmente rifiutato! - è andato avanti - Educare alla fede vorrà dire, allora, far conoscere quest’amore in maniera credibile, e cioè con la testimonianza della parola e della vita, in modo tale – ha concluso Forte – da attrarre ad esso e comunicarlo con l’eloquenza silenziosa di chi ne fa esperienza e ne irradia la bellezza in maniera convincente e contagiosa».