Attualità

INFANZIA NEGATA. "Poveri assoluti" 360mila bimbi

Pino Ciociola mercoledì 6 giugno 2012

Non va bene. Nel nostro Paese «sono 1.876.000 i minori in condizioni di povertà relativa, 1.227.000 dei quali al Sud», mentre altri «359mila i bambini che nel Meridione vivono in povertà assoluta», cioè senza beni necessari a «uno standard di vita minimamente accettabile». E nel frattempo «l’aumento della povertà, della dispersione scolastica, del lavoro minorile e dell’esclusione sociale» sono i «drammatici effetti» della crisi e del «progressivo calo di risorse destinate alle politiche per infanzia e adolescenza, che sta soffocando i diritti di molti bambini d’Italia». Come avvisa il quinto Rapporto sul monitoraggio della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza curato dal Gruppo Crc (che riunisce 85 associazioni del terzo settore).Il Gruppo Crc chiede allora al governo di approvare un Piano straordinario nazionale di contrasto alla povertà minorile, di implementare un sistema statistico del lavoro minorile a livello nazionale e locale, di valutare l’impatto che le politiche economiche e le riforme legislative hanno sui più giovani. Capitolo violenza sui minori: «In Italia il fenomeno dell’abuso dei minori online continua a essere drammaticamente grave ed esteso», sottolinea il Rapporto. «L’armonizzazione delle leggi tra i Paesi è fondamentale per interventi di contrasto efficaci», tuttavia «è ancora in discussione in Parlamento il disegno di legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote del 2007 (con la quale i Paesi aderenti si impegnano a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri per la prevenzione, perseguire chi commette i reati e tutelare le vittime, ndr).Le prime risposte governative al Rapporto e alle richieste del Gruppo Crc annunciano novità. C’è «una carenza nel diritto di protezione e accoglienza dei minori stranieri non accompagnati», dice il ministro del Welfare, Elsa Fornero: «Ne ho già parlato con le colleghe dell’Interno e della Giustizia, ci attiveremo per un sistema nazionale di accoglienza per questi minori cercando un finanziamento adeguato».Ancora: Marco Rossi Doria, sottosegretario all’Istruzione, annuncia «un piano rivolto al Mezzogiorno e alle aree con povertà più diffusa per non abbandonare i minori nel momento della loro formazione scolastica», Mentre partirà, «entro settembre, un investimento di 400 milioni di euro per creare oltre 18 mila nuovi posti nido nel Mezzogiorno».FONDI: CANCELLATE LE RISORSE PER I PIANI DEDICATIUn mistero. Probabilmente più colposo, che doloso. Il Rapporto del Crc mette in bella evidenza come nel nostro Paese «sia difficile riuscire a capire come e dove vengono allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti» e «quali saranno gli effetti delle leggi e delle manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli enti locali». Chiedendo così uno studio «articolato» entro quest’anno «sullo stato complessivo delle risorse per l’infanzia e l’adolescenza».Non fosse perché – annota ancora il Rapporto – in Italia «si continuano a tagliare le risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza». E perché mancano «strumenti perequativi a livello nazionale, come i livelli essenziali delle prestazioni sociali», che «aumentano la discriminazione a livello regionale e non garantiscano a tutti i bambini uguale accesso ai propri diritti».C’è dell’altro. Viene anche raccontata esplicitamente la «forte preoccupazione» per la cancellazione del "Fondo nazionale straordinario per i servizi socioeducativi per la prima infanzia" e per la mancata previsione delle allocazioni delle risorse per il "Fondo nazionale per le politiche sociali". Tanto più che «il Piano nazionale infanzia e adolescenza 2010/2011, promulgato nel gennaio 2011, non prevede alcuna copertura finanziaria» per gli interventi necessari.Morale, secondo Raffaela Milano, a nome del Gruppo Crc? «La mancanza di una visione chiara degli investimenti per l’infanzia e l’adolescenza e l’assenza di fondi per l’implementazione del Piano per l’infanzia aumentano il disagio di molti minori del nostro Paese».STRANIERI: QUASI 8MILA SONO SOLI. E MANCA ACCOGLIENZAViene definita nel Rapporto Crc «la prima questione aperta» ed è il diritto alla protezione e all’accoglienza in Italia dei minori stranieri non accompagnati , che «al 31 dicembre 2011 risultano essere 7.750, di cui 1.791 risultano irreperibili». La maggior parte di loro, segnalati al Comitato minori stranieri (7.333), hanno età compresa fra 16 (2.006) e 17 anni (4.207) e sono stati collocati in strutture per minori (6.844).Anche su questo c’è poco da stare allegri: «Manca un unico testo legislativo di riferimento per la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati», annota il Rapporto. Ed «un punto critico» è rappresentato dalle «inadeguate condizioni di prima accoglienza e dalla mancanza di un sistema nazionale di accoglienza». Cioè i luoghi in cui i minori vengono accolti al loro arrivo o rintraccio sul territorio «sono inidonei, soprattutto per un periodo prolungato» e «manca un sistema nazionale di accoglienza» che permetta di individuare in tempi rapidi se e in quali Comuni ci siano posti disponibili in comunità per minori e «chiarisca la competenza e la responsabilità, anche economica, ad effettuare il collocamento del minore».Come prevedibile, poi, «tra le questioni più critiche rispetto alla protezione e all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati resta l’accertamento dell’età». Si dovrebbe infatti ricorrere ad esami medici soltanto come extrema ratio, quindi solo qualora emergano dubbi palesi rispetto alla dichiarazione resa e non sia possibile stabilire l’età in altro modo (per esempio attraverso richiesta dei documenti al Paese di origine). Invece «nella prassi, accade che si utilizzino esami medici prima e/o in luogo di altri strumenti e anche quando non sussistono dubbi fondati, essendo la maggiore o la minore età palese». LAVORO: ALLARME MINORI SFRUTTATI TRA GLI 11 E I 14 ANNI«È ancora assente in Italia un monitoraggio istituzionale per conoscere, prevenire e contrastare il lavoro minorile illegale, quell’insieme di attività svolte dai minori di 16 anni», sottolinea il Rapporto Crc. I più esposti al fenomeno sono i maschi fra 11 e 14 anni, di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia monogenitoriale o in un nucleo con più minori e risiedono in territori con alto tasso di disoccupazione.E sui possibili legami tra il rischio povertà infantile e lavoro precoce, in Italia l’incidenza di minori a rischio di povertà sia al di sopra della media europea (il 24% contro il 19%), spiega l’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori. Siamo poi in una posizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi avanzati, «con una percentuale di bambini che vivono in famiglie con reddito inferiore al 50% della media nazionale vicina al 17%, e soprattutto con un <+corsivo>trend<+tondo> in crescita di 2,6 punti nell’intero arco degli anni ’90». Non solo, quindi, l’Italia ha povertà minorile elevato in termini assoluti e comparativi rispetto agli altri Paesi avanzati, «ma ha registrato un andamento in crescita del fenomeno». In questo senso, il lavoro precoce rappresenterebbe «una combinazione generale di scarsità di mezzi economici e beni culturali che può tradursi in svantaggio sociale, cognitivo e relazionale difficilmente colmabile». SCUOLA: DISPERSIONE RECORD, IL 18,8% LASCIA I BANCHIUn’altra nota dolente molto italiana è la dispersione scolastica, contro la quale il Gruppo Crc raccomanda al ministero dell’Istruzione di «implementare il sistema informatico relativo all’anagrafe nazionale degli studenti e di finanziare progetti di sostegno e incentivazione allo studio».Nota dolente confermata anche da un’indagine dell’Isfol, presentata sempre ieri, secondo la quale i giovani che abbandonano gli studi in Italia raggiungono un tasso del 18,8%, quasi 5 punti in più rispetto alla media europea, spesso scoraggiati dalle difficoltà incontrate in un percorso formativo “accidentato” oppure confusi sul loro futuro. Indagine realizzata intervistando oltre 1.500 giovani usciti dalla scuola secondaria di primo grado, suddivisi in due differenti campioni: giovani diplomati, qualificati o comunque inseriti nei percorsi formativi e fuoriusciti prematuramente dai percorsi.«Una delle cause più rilevanti – spiega Aviana Bulgarelli, direttore generale dell’Isfol – è data dalle difficoltà che i ragazzi incontrano nel percorso scolastico: un percorso accidentato, con bocciature o valutazioni basse o ritenute non corrispondenti alle aspettative, può determinare un effetto scoraggiamento».