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Migranti. Porti chiusi? Ora anche il Viminale smentisce Salvini

Nello Scavo martedì 16 aprile 2019

«I porti erano, sono e rimangono chiusi, lo dico anche a qualche alleato di governo come il ministro della Difesa, che dice che chiunque parta dalla Libia adesso potrebbe essere considerato un rifugiato. No. Non con me ministro dell’Interno». Le parole del vicepremier Matteo Salvini al momento non risultano corrisposte dai fatti.

E adesso, come da foto, arriva perfino la smentita dal ministero dell'Interno sul caso della Mare Jonio, a cui nel mese scorso fu ordinato via radio di fermare la navigazione e spegnere i motori. Il governo in quella occasione aveva parlato ancora una volta di "porti chiusi". Ma su questo episodio arrivano due smentite pesanti. A cominciare dal Viminale: «Non risulta essere stato adottato alcun provvedimento, a rilevanza esterna, in tema di interdizione dell’accesso al mare territoriale o ad ambiti portuali». Una risposta, quella del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, che ricalca altre precedenti dichiarazioni ufficiali nelle quali veniva assicurato che nessuno aveva mai dato indicazione di chiudere i porti.

L'atto con cui il ministero guidato da Salvini contraddice il ministro degli Interni, arriva dopo le smentite ufficiali dei presidenti delle autorità portuali italiani e quella, da considerare definitiva, pervenuta il 15 aprile dal Comando generale delle Capitanerie: «Non risulta essere stato adottato alcun provvedimento, a rilevanza esterna, in tema di interdizione dell’accesso al mare territoriale o ad ambiti portuali». In altre parole, i porti sono aperti e non è mai stato dato l’ordine di chiuderli. Ieri Salvini ha annunciato una nuova direttiva per bloccare le navi umanitarie fuori dalle acque territoriali italiane, che però al momento non alterano le direttive di segno opposto consegnate alla Guardia costiera nel 2015. Le reiterate dichiarazioni di esponenti del governo, e in particolare de ministro dell’Interno, non trovano però conferma negli atti amministrativi. L’ultimo episodio in ordine di tempo risale al 18 marzo.

Quel giorno la nave umanitaria italiana 'Mare Jonio', arrivò a Lampedusa dopo avere salvato 49 migranti nel Canale di Sicilia. Inizialmente il vascello della missione 'Mediterranea' fu affiancato da una motovedetta della Guardia di finanza che intimò al comandante Pietro Marrone di fermarsi e spegnere i motori. Una richiesta giudicata, oltre che anomale, anche pericolosa, perché lo spegnimento della sala macchine poteva mettere a rischio il galleggiamento del rimorchiatore adattato alle operazioni di sorveglianza nel Mediterraneo. «Giova evidenziare che tale eventuale atto, rientra tra le competenze del Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti », precisa una nota delle Capitanerie inviata all’Associazione diritti e frontiere (Adif), ricordando che l’eventuale 'chiusura' anche a una singola nave può essere disposta d’intesa con il ministero dell’Interno «per la definizione dei presupposti attinenti alla tutela ambientale o all’ordine pubblico».

Se dunque Salvini avesse davvero proposto il divieto di accesso alle navi delle Organizzazioni non governative che salavano naufraghi, questo provvedimento sarebbe prima dovuto passare attraverso il ministero guidato da Danilo Toninelli. A gennaio era stato il caso della Sea Watch a svelare l’ennesima fake news sui porti chiusi. L’inchiesta di Avvenire, partita lo scorso anno, ha permesso di arrivare ad altri documenti che smentiscono ancora una volta le dichiarazioni pubbliche degli esponenti di governo. La Direzione centrale dell’immigrazione presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza, rispondendo a un’altra richiesta di accesso agli atti, a febbraio precisava che il ministero dell’Interno «non ha prodotto e non detiene alcun provvedimento/comunicazione trasmesso alla nave Sea Watch». In particolare, non ci sono atti «aventi a oggetto il divieto di approdo nei porti italiani ».

Su tutto il resto, però, gli uffici ministeriali hanno apposto la clausola di riservatezza, consentendo alle iniziative e alle comunicazioni del governo di venire protette alla stregua di una 'segreto di stato'. Analoga risposta sempre dal Ministero delle Infrastrutture era arrivata anche per altri casi, come quello relativo alla nave dell’Ong Open Arms, a cui nell’estate scorsa venne impedito l’accesso nei porti italiani. Anche in questo caso il contenuto delle comunicazioni interne alle autorità italiane è stato protetto dal 'segreto'.