Alla Fonte del lupo, dietro una piccola chiesa, in terre lontane dalla città e spesso dalla legge, padre Beniamino Sacco ha deciso di piantare pomodori etici a chilometro zero con sette immigrati assunti regolarmente. Il parroco dello Spirito Santo, alla periferia di Vittoria, da oltre 20 anni svolge attività di accoglienza per gli immigrati.«Un abitante su cinque è un immigrato e prima sono passati qui i tunisini – spiega il sacerdote, 66 anni – poi albanesi e ora i romeni, senza contare i rifugiati politici africani. La chiesa offre ogni giorno un servizio di docce ai lavoratori che sono più vicini, poi distribuisce 200 pasti e abbiamo 70 posti letto». Senza contare il guardaroba per le romene («Che spesso mandano gli abiti a casa ai bambini») e i corsi di italiano. E, purtroppo, i funerali per due giovani ospiti africani che lavoravano. Uno morto di epatite C contratta in un viaggio della speranza verso l’Italia, l’altro investito come un cane da un tir sui bordi della strada alla sera, al ritorno dai campi.L’idea dell’azienda agricola gli è venuta riflettendo sulla situazione di Vittoria. «È vero che i piccoli proprietari sono in difficoltà. Ma è anche colpa nostra. Dopo la grande idea delle serre, davanti ai guadagni degli anni ’80 e ’90 la comunità si è seduta. Non abbiamo fatto ricerca e innovazione, i figli degli imprenditori agricoli non hanno studiato o, se si sono laureati, hanno studiato altro e sono emigrati al nord perché qui non c’era lavoro. Non siamo concorrenziali perché non siamo stati lungimiranti. Gli olandesi, gli israeliani, persino i tunisini oggi sono più forti di noi».Quindi? «Mi sono detto che un ettaro di serra costa solo 9mila euro. Me ne hanno donati cinque. Con la nostra Fondazione parrocchiale e grazie alla Provvidenza abbiamo deciso di dimostrare che si può essere sostenibili e puntare sulla legalità. Ho assunto sette ospiti coordinati da un volontario italiano per produrre, per ora in una serra, i pomodori e nei campi allo scoperto, i carciofi. Poi li vendiamo sul mercato locale. Ma qui vogliamo sperimentare nuove tecniche, dimostrare che su questa terra dobbiamo investire, non sfruttare il prossimo».Padre Beniamino è uno dei pochi che conosce i drammi e gli abusi che ogni giorno si verificano in campagna. «Qui si sfascia anche il tessuto delle nostre famiglie. C’è chi sta perdendo la testa. Fino a pochi giorni fa erano nostre ospiti due giovani romene di neppure 25 anni, entrambe hanno scelto di portare a termine la gravidanza nonostante a casa abbiano una famiglia, un marito e dei figli. I padri dei bambini erano due piccoli proprietari. Le hanno ricattate, se rifiutavano venivano licenziate. E loro non potevano fare a meno di quei soldi. Molti proprietari, che sono a loro volta padri di famiglia a volte anche nonni, lo sanno e se ne approfittano. Poi volevano che abortissero, Ma queste due ragazze sono state molto forti e noi le abbiamo aiutate a far vincere la vita. I mariti le hanno riprese e loro sono tornate in Romania». I parrocchiani sono tutti con padre Beniamino? «All’inizio, 20 anni fa, mi hanno detto o noi o gli stranieri. Oggi li hanno conosciuti e siamo una comunità unità: senza di loro quel che faccio non sarebbe possibile».