Sono quasi le 23 di ieri sera quando Balazs Orban, direttore politico del premier ungherese Viktor Orban, lancia un tweet di fuoco: "Una grande battaglia è in corso al Consiglio Europeo sul Patto sulla migrazione. Bruxelles spinge per un testo pro-immigrazione, mentre il duo polacco-ungherese combatte e resiste insieme. Sarà una lunga notte!". Sono le parole con cui, nei fatti, Varsavia e Budapest provano a bloccare la parte sui migranti delle conclusioni del Consiglio Ue, che Giorgia Meloni, arrivando al vertice, aveva definito "assolutamente soddisfacenti". Un braccio di ferro durato otto ore e che è poi ripreso stamattina: alle 9.30 il Consiglio Ue è ripartito di nuovo dal punto dei migranti, con la premier Meloni, imbarazzata dalla posizione degli amici e alleati dell'Est, determinata a trovare una mediazione. La premier, per provare a sbloccare l'impasse, ha ottenuto un trilateriale con Morawiecki e Orban presso la sede della delegazione italiana al Consiglio Europeo. Il tentativo, però, non ha centrato l'obiettivo. La premier però non si dice delusa, perché "non mi delude mai chi difende gli interessi nazionali". Alla fine i passaggi sulle migrazioni vengono adottati non nelle conclusioni dell'Eurosummit ma come posizione del presidente del Consiglio Europeo Michel che esprime il punto di vista degli altri 25 Stati membri.
L'azione di Polonia e Ungheria contro le conclusioni del Consiglio Ue è più simbolica che sostanziale ma non per questo meno significativa. Arrivando all'Europa building giovedì, la premier italiana appariva già consapevole delle resistenze polacche e della battaglia che di lì a poco avrebbe ingaggiato l'amico e alleato conservatore Morawiecki. Meloni ha glissato, ha detto di comprendere le ragioni dei due amici-alleati dell'Est. Ma è chiaro che sul patto dell'8 giugno, l'intesa di Lussemburgo, l'Italia non può consentire passi indietro. Perciò, fallita la mediazione, al termine del Consiglio Ue la premier italiana vira le sue riflessioni in un'altra direzione: all'Italia interessa la dimensione esterna, gli accordi con Tunisia e Nord Africa, mentre, dice Meloni, il patto dell'8 giugno non è così prioritario nella strategia di Roma, benché migliori le attuali regole. Insomma, Roma cerca di schivare la polemica sul fatto che due dei principali alleati di Meloni non abbiano accettato la sua mediazione per preservare l'unità europea.
Mateusz Morawiecki e Viktor Orban, contrari al principio della solidarietà obbligatoria concordato nel Consiglio Affari Interni a Lussemburgo (solidarietà che non prevede solo ricollocamenti, ma anche, in alternativa, compensazioni finanziarie o assistenza tecnica al Paese sotto pressione migratoria), riescono dunque a bloccare i punti sulle migrazioni del Consiglio Ue. Il fatto che le conclusioni sui migranti siano cadute non è però così dirimente, e il lavoro in Consiglio Ue, a livello di ministri degli Interni, va avanti comunque secondo le intese già assunte, perché la posizione negoziale del Consiglio è già stata decisa a maggioranza qualificata, mettendo Polonia e Ungheria in minoranza. Per l'Italia i danni della posizione poacco-ungherese sono limitati, dato che il paragrafo sul memorandum con la Tunisia è stato inserito nel capitolo sulle relazioni esterne, quindi non viene stralciato. E questo Meloni, a Consiglio Ue concluo, lo rivendica.
Tutt'altra partita è quella che invece riguarda i 12 miliardi per le migrazioni che la Commissione ha proposto di inserire nel nuovo Bilancio pluriennale dell'Unione Europea: l'Italia è ovviamente soddisfatta ma il negoziato è appena agli inizi.
Sin dall'inizio, la discussione sulla migrazione è stata dominata dalle proteste di Polonia e Ungheria contrarie soprattutto al concetto di «solidarietà obbligatoria» per i Paesi in prima linea (o accogliere migranti o pagare) e per il fatto che il Patto sia stato approvato a maggioranza qualificata, come previsto dai Trattati Ue, mentre in un primo tempo i leader avevano concordato di cercare il consenso. «Alcuni degli Stati più forti– ha tuonato il premier polacco Mateusz Morawiecki - vogliono imporre la loro volontà sugli altri. Non accetteremo questo». Morawiecki voleva addirittura inserire nel testo un paragrafo che avrebbe costretto a riaprire il negoziato sul Patto per approvarlo a consenso, impensabile per il grosso degli altri leader.
L’accordo sul Patto, in effetti, è ormai è blindato, resta da trovare l’intesa con il Parlamento Europeo. In realtà, si afferma sempre più la centralità della «dimensione esterna» dei flussi migratori, su cui insiste l’Italia. «L’Ue – si leggeva nella bozza di conclusioni – rimane impegnata a spezzare il modello di business delle reti di trafficanti». «Dobbiamo guardare a tutte le possibilità che abbiamo», dice la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La tedesca annuncia la presentazione di tre report sul rafforzamento delle frontiere esterne, in modo da avere «una gestione simile delle frontiere estere ovunque nell’Ue». Cruciale è la cooperazione con i Paesi limitrofi come la Tunisia. Con Tunisi l’Ue sta negoziando un memorandum d’intesa (con aspetti non solo legati alla migrazione, ma anche al sostegno all’economia). Avrebbe dovuto esser siglato prima di questo vertice, ma la sigla è stata rinviata alla prossima settimana.