Attualità

INTERVISTA. Polito: «Travolti dal loro stesso giustizialismo»

Angelo Picariello giovedì 18 dicembre 2008
È stato il primo a criticare, duramente, la gestione Veltroni, ma ora che la crisi del principale partito di opposizione si fa più acuta, Antonio Polito non esulta affatto. E, di fronte alla prospettiva di un'implosione del Pd, il direttore del Riformista ed ex parlamentare della Margherita, dice che «non sarebbe una buona notizia». Per uscire dall'emergenza Gianfranco Pasquino propone un direttorio alla guida del partito, Sergio Chiamparino addirittura un gabinetto di crisi. Altro che Alba Parietti, ormai per il Pd si evoca Guido Bertolaso. E già. Fra l'altro sulle situazioni napoletane ha già dimostrato di saperci fare... Esplode ora la questione morale, ma a monte c'è il problema politico di un partito che fatica a decollare. Qual è più grave fra i due aspetti? Mi sembra che il problema sia essenzialmente politico. Poi è chiaro, di fronte a una politica debole altri poteri tentano di condizionare le istituzioni, ma è solo una conseguenza. Un decadimento morale e politico denunciato con chiarezza anche dal presidente Napolitano, a Napoli. .Sul suo giornale ha accusato la segreteria del Pd di voler imporre un rinnovamento a tutti i livelli, sull'onda delle inchieste. Veltroni dice: non è questo il mio partito Invece lo è. Il sindaco di Pescara è il segretario regionale del Pd appena eletto. Domenici e la Iervolino sono persone che Veltroni ha difeso sempre. Certo, dove ci sono tangenti e comportamenti scorretti è necessario un rinnovamento, ma non si risolve tutto con un'operazione sbrigativa. La Iervolino ha parlato con Veltroni e annuncia di voler restare al suo posto. Lei invece ritiene che dovrebbe farsi da parte? Si tratta di prendere atto che a Napoli, di fatto, non c'è più un'amministrazione. A Matrix lei ha gridato «Vergogna!», assicurando di essere tranquilla. Ora emerge che le cose non sarebbero così tranquille, ma in realtà quel che preoccupa, anche a Napoli, è il quadro di insipienza politica che emerge. Più che la questione morale... La vera questione morale è come è stata gestita l'emergenza rifiuti, è quella donna che viene crivellata di colpi per sbaglio mentre mangia un gelato con le amiche. È questa la responsabilità politica vera. L'immancabile Mannheimer dice che queste inchieste rischiano di far perdere il dieci per cento a un partito già esangue. C'è davvero il rischio implosione per un progetto in realtà mai decollato? Il rischio c'è. Il rischio che chi vive di politica, nel Pd, si rivolga da qualche altra parte per sopravvivere. Prima che la casa crolli. C'è anche chi, come Emanuele Macaluso, ritiene persino auspicabile che salti del tutto quella che giudica una saldatura impossibile fra culture politiche diverse. No, io non trovo assolutamente auspicabile un Paese senza opposizione. E la prospettiva di un avvicinamento fra Casini e Rutelli, anche sulla scorta di una divaricazione in atto, nel Pd, sulla collocazione europea, la ritiene possibile? È ancora presto per dire. Lo si vedrà dopo le europee. Veltroni domani in direzione preannuncia rinnovamento radicale a tutti i livelli. Non è questa la strada? Se pensa di innovare come con la Madìa o con Calearo si illude. La politica richiede un impegno sul territorio, i leader non si inventano. C'è oggi un solo partito ancora radicato, la Lega, dal quale si può imparare. Amministratori radicati, che fanno politica, non affari, che poi si candidano con successo a essere classe dirigente. Ora di Pietro dice che esce dalle giunte della Campania. Non mi sorprende, è in linea con quanto è accaduto in Abruzzo. Di Pietro non prende un voto a destra e ne toglie molti al Pd. Se uno accetta di andare sul suo terreno, quello del giustizialismo e del moralismo, fatalmente vince lui. È questa la nemesi che sconta Veltroni.