Parlamento. Legislatura al via. Ma per le presidenze delle Camere partiti in alto mare
Napolitano apre la nuova legislatura (Ansa)
Al via la XVIII legislatura con l'insediamento del nuovo Parlamento. Ma è buio sulla trattativa per eleggere i presidenti del Senato e della Camera. Al di là di qualche scheda nulla e di nomi sparsi (Alfonso Bonafede di M5S, Renato Brunetta di Fi, Rossella Muroni di LeU e Maurizio Lupi di NcI, che hanno avuto una scheda ognuno), nella prima votazione per l'elezione del presidente della Camera praticamente tutti i deputati hanno votato scheda bianca. I partiti hanno quindi deciso (all'unanimità) di tenere le carte coperte. E' possibile che ciò accada anche al Senato. E tutto questo si potrebbe ripetere anche nel pomeriggio, nella seconda tornata a Montecitorio (e a Palazzo Madama). I giochi veri e propri potrebbero perciò iniziare soltanto domani, quando i quorum per l'elezione si abbasseranno.
«Servono rispetto del voto e fiducia nel Colle» per affrontare la fase del dopo-elezioni, dice il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, aprendo la seduta a Palazzo Madama come senatore anziano. Il risultato delle elezioni «ha mostrato quanto poco avesse convinto l'auto-esaltazione di governi e partiti di maggioranza», aggiunge parlando di fronte al neosenatore Matteo Renzi (che promette: «Ora starò zitto per due anni»), ma non a Matteo Salvini (che «arriverà», ha assicurato Roberto Calderoli). «Ha contato molto che i cittadini abbiano sentito i partiti tradizionali lontani e chiusi rispetto alle sofferte vicende personali di tanti e a diffusi sentimenti di insicurezza e di allarme. Il voto ha determinato un netto spartiacque, a inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il Paese», mentre «il partito che nella scorsa legislatura aveva guidato tre governi ha subìto una drastica sconfitta ed è stato respinto all'opposizione», ha detto l'ex capo dello Stato prima di convocare la Giunta provvisoria per la verifica dei poteri e sospendere la seduta. Alla Camera l'apertura è toccata a Roberto Giachetti, deputato del Pd, vicepresidente anziano tra gli uscenti rieletti, che suscita l'applauso unanime dell'aula con la condanna dello «scempio» alla lapide di via Fani e il saluto «deferente» a Sergio Mattarella come «garante del rispetto della Costituzione». Poi conclude con una citazione di Marco Pannella: «Dobbiamo essere pronti a testimoniare l'amore».
La giornata si annuncia lunga, ma interlocutoria. Saltato il tavolo della trattativa M5s-centrodestra, i gruppi vanno al buio alle prime votazioni sui presidenti (alla Camera le operazioni sono appena cominciate, mentre il Senato attende la riunione della Giunta). I Cinquestelle rivendicano la poltrona più alta di Montecitorio, ma rifiutano di parlarne con Silvio Berlusconi e respingono, perché «condannato» in attesa dell' ultimo grado di giudizio, la candidatura dell'azzurro Paolo Romani per il Senato. Salvini punta all'incarico per formare il governo, ma deve anzitutto tenere unito in centrodestra, con Berlusconi che insiste su Romani e chiede di essere legittimato come leader dall'incontro con Luigi Di Maio. «Niente ricatti, non riabiliteremo il Cav», chiude il capogruppo del M5s al Senato Danilo Toninelli. Mentre Di Maio promette: «Non porterò mai M5s a un Nazareno bis», cioè a un accordo con Berlusconi.
Quindi? Per ora, nulla di fatto. E anche il «cambiamento» che il leader dei 5Stelle vuol far partire dalla presidenza della Camera resta appeso ai voti del centrodestra oppure della sola Lega, ma scontando in questo caso una clamorosa rottura nella coalizione che ha vinto le elezioni. «Uno stallo per impuntature
infantili», allarga le braccia Giorgia Meloni.
Oggi ci saranno tre votazioni, indicativamente in mattinata, primo pomeriggio e prima serata. Nelle prime due votazioni è necessaria la maggioranza di due terzi dei componenti (420), nella seconda e terza votazione la maggioranza è dei due terzi dei presenti. Molto difficile arrivare a questa soglia: sarebbe possibile solo con la somma di tutti i voti M5s e del centrodestra (488), mentre M5s e Lega supererebbe 350 senza però arrivare al quorum.
Dalla quarta votazione, che si terrà con ogni probabilità sabato, anche se Forza Italia vorrebbe rinviare a lunedì, sarà necessaria la maggioranza assoluta dei presenti: il quorum sarà quindi più basso, e molto dipenderà da chi non esprime una preferenza. Per fare i conti con il pallottoliere, si parte da questi numeri: LeU ha 14 deputati, il Pd 112, il M5S 227, Forza Italia (assieme alla 'quarta gamba' di Noi con l'Italia) 106, mentre la Lega ne ha 124 e Fratelli d'Italia 31. Sono dati comunque provvisori, che dovranno essere confermati oggi e domani a Montecitorio.