Attualità

L'intervista. Poletti: «Renzi parta dalle semplificazioni»

Luca Mazza lunedì 17 febbraio 2014
«Il governo che sta per nascere è chiamato a un compito fondamentale: deve sforzarsi di disegnare un orizzonte chiaro e definito fin da subito se vuole ottenere benefici nel medio-lungo periodo sull’economia reale». Giuliano Poletti, 62 anni, presidente dell’Alleanza delle cooperative italiane (l’associazione che coordina l’attività delle tre centrali Agci, Confcooperative e Legacoop), è convinto che le drammatiche emergenze del Paese non si risolvano né con la bacchetta magica né con la ricetta del "tutto e subito": «Quando sento parlare di interventi choc divento diffidente – spiega –. Si rischia di produrre un lieve miglioramento nell’immediato, ma di essere ripagati poi con un effetto tossico successivo». Dunque, la parola chiave per permettere all’Italia di agganciare la già debole ripresa europea (e in una seconda fase di viaggiare verso la crescita) non può che essere «programmazione». «Misure fulminee – aggiunge Poletti – servono solo se rappresentano l’anticipazione accelerata di una linea politica che durerà da qui ai prossimi cinque anni». È con un’azione pianificata e ben studiata, infatti, che si può raggiungere l’obiettivo numero uno: «Quello di costruire una società equa, dove nessuno venga lasciato nelle condizioni di inattività e inutilità».E in questo percorso lungo, complesso, ma anche affascinante e virtuoso, il Non profit potrà giocare un ruolo determinante. A due condizioni: «Se camminerà unito, siglando una grande alleanza tra tutti i soggetti che si riconoscono nell’economia sociale e solidale, e se riceverà le attenzioni che merita dal mondo politico e istituzionale».Presidente Poletti, quale deve essere la priorità del nuovo esecutivo alla luce delle attuali condizioni del Paese?Dallo scoppio della crisi a oggi ci sono stati vari passaggi: diversi governi,  maggioranze più o meno ampie e alcune tornate elettorali. Purtroppo nessuna di queste situazioni ha contribuito a modificare radicalmente uno scenario economico di grave difficoltà. Ora, però, l’inversione di rotta non si può più rimandare. Basta con le promesse, è arrivata l’ora dei fatti. Siamo a un bivio cruciale e il nuovo governo deve avere la forza e la capacità di agire bene e tempestivamente. Da dove cominciare?Dalle semplificazioni. Perché la zavorra della nostra burocrazia dipende in larga parte dalla pessima qualità della produzione legislativa italiana. Proporrei un provvedimento per vietare i decreti attuativi. Le norme devono essere definite, efficaci, comprensibili. Invece di fare 100 leggi inapplicabili per mancanza di decreti, sforniamone 10 complete. Magari evitando di approvare dopo tre mesi provvedimenti che vanno in direzione opposta, perché se le regole del gioco cambiano in continuazione nessuno è incentivato a investire. Così, tra l’altro, si crea quel circolo vizioso con consumi interni al palo e disoccupazione dilagante.A proposito di lavoro, a inizio gennaio Renzi ha presentato la bozza del Jobs Act e nei prossimi giorni si dovrebbero conoscere maggiori dettagli del progetto. Cosa ne pensa? Occorrono anche altre misure?Tutti gli elementi che facilitano l’ingresso nel mercato del lavoro, in particolare per i giovani, vanno giudicati positivamente: dagli incentivi per assumere under 30, all’introduzione del contratto d’inserimento a tutele progressive. Assieme a queste proposte contenute nel documento di Renzi, bisogna promuovere l’autoimprenditorialità: i nuovi capitani d’impresa non vanno sostenuti solo nella fase di avvio dell’attività, ma anche successivamente, consentendo alle loro aziende di sopravvivere, crescere e svilupparsi. Un’altra idea interessante può essere quella di sfruttare la leva del servizio civile. L’esperienza passata ci insegna che in quel campo ci sono molti sbocchi professionali. L’importante è non lasciare gli under 35 a casa, ad aspettare una telefonata che non arriva mai. I ragazzi vanno coinvolti nella vita della comunità utilizzando ogni strumento possibile. E il piano "garanzia giovani", in questo senso, è una carta da sfruttare al massimo.E il mondo del Non profit cosa si aspetta dal nuovo governo?Mi auguro che l’esecutivo in via di formazione riesca sul piano programmatico a valorizzare questo mondo e chi lavora per un’economia che non è basata sulla logica del profitto ma mette al centro i bisogni sociali. Oltre a chiedere una migliore regolazione sarebbe auspicabile avere un riferimento istituzionale e politico. La Francia, ad esempio, ha un vice-ministro dell’Economia sociale e solidale. Sarebbe il caso di inserire una figura di questo tipo anche in Italia.E il Non profit che cosa si impegna a fare?Siamo a un tornante decisivo. Perché forse per la prima volta nella storia questa realtà ha l’opportunità di diventare prevalente nel mondo economico-sociale italiano ed europeo. Anche a livello comunitario si sta muovendo qualcosa visto che un mese fa a Strasburgo c’è stato il primo incontro tra mondo del Non profit e istituzioni Ue per condividere nuovi modelli di sviluppo. Finora, infatti, ha prevalso l’idea del mercato unico. Invece adesso sta crescendo la consapevolezza che vede nel pluralismo delle forme di impresa una ricchezza. Noi come rappresentati del Non profit dobbiamo insistere, essere all’altezza della sfida. E riuscire a mettere insieme le energie per fare un regalo enorme al nostro Paese.Di quale regalo parla?È arrivato il momento di stringere una grande alleanza tra tutti i soggetti dell’economia sociale e solidale: enti, organizzazioni, associazioni, finanza etica, volontariato. Non bisogna più camminare separati. Ognuno manterrà la propria identità ma senza pretendere primati. Del resto, abbiamo tanti riferimenti comuni: dalla centralità della persona alla partecipazione attiva dei cittadini alla vita della comunità. Solo insieme possiamo vincere le sfide del futuro, costruire il nuovo Welfare e trasformare il Non profit da "salvagente" negli anni di crisi a motore della crescita.