Dall'analisi di dati in possesso al ministero dell'Interno e relativi al 2010, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.623 (+6% rispetto al 2009) con una disponibilità di 141.618 posti (+3% rispetto al 2009). In media il 23,5% dei richiedenti rimane in lista d'attesa. Il poco edificante record va alla Calabria con il 39% di bimbi in lista di attesa, seguita da Campania (37%) e Sicilia (+36%). La regione con più elevato numero di nidi è la Lombardia (794 strutture pubbliche e poco più di 28.500 posti disponibili), seguita da Emilia Romagna (611 nidi e oltre 25.500 posti) e Toscana (437 nidi e oltre 15.000 posti); ultima il Molise con soli sei asili per 300 posti disponibili. A livello nazionale, a più di trent'anni dalla legge 1044/1971 che istituì gli asili nido comunali, se ne contano 3.623, presenti solo nel 18% dei comuni italiani, il 60% nelle regioni settentrionali, il 27% al Centro e solo il restante 13% al Sud. Facendo un confronto tra i posti disponibili e la potenziale utenza (numero di bambini in età 0-3 anni) in media in Italia la copertura del servizio è del 6,5% con un massimo del 15,2% in Emilia Romagna ed un minimo dell'1% scarso in Calabria e Campania. Questo dato conferma non solo quanto l'Italia sia lontana dall'obiettivo comunitario che fissa al 33% la copertura del servizio, ma anche dal resto dei Paesi europei: Danimarca, Svezia e Islanda hanno una copertura del 50% (dei bambini di età inferiore ai tre anni), mentre Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo sono tra il 50% e il 25%."È evidente che ancora oggi manca nel nostro Paese un sistema di servizi per l'infanzia equamente diffuso edaccessibile su tutto il territorio e adeguate agevolazioni fiscali a sostegno dei nuclei familiari con bambini piccoli - commenta
Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva - le misure a favore di tali servizi rappresentano un investimento intergenerazionale che produce effetti nel lungo periodo e quindi di scarso 'appeal' per una classe politica poco lungimirante e concentrata sul consenso immediato. D'altro canto la riduzione delle risorse a disposizione degli enti locali e la rigidità del patto di stabilità non aiutano a far ripartire gli investimenti in tal senso anzi contribuiscono a tagliare sempre di più le risorse destinate alla spesa sociale. Di questo passo difficilmente riusciremo a colmare il gap nei confronti dell'Europa e centrare la copertura del servizio del 33% già prevista per il 2010".
Secondo l'analisi (svolta dall'Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva considerando una famiglia tipo di tre persone con reddito lordo annuo di 44.200 euro e relativo Isee di 19.900 euro), nel 2011/12 la spesa media mensile è rimasta invariata a livello nazionale rispetto all'anno passato. Ma ben 39 città hanno ritoccato all'insù le rette di frequenza e 6 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Bologna (+29,7%), Vibo Valentia (+29%), Perugia (+21,8%), Genova (+15,2%), Livorno (+13,9%), Sassari (+10%). La regione più economica è la Calabria (114euro), mentre Lombardia e Valle d'Aosta sono le più costose (oltre 400 euro di spesa media). Nella top ten delle 10 città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, si confermano Lecco, Belluno, Sondrio, Bergamo, Mantova, Cuneo, Lucca, Pisa e Udine. Nella graduatoria delle 10 città meno care, prima risulta Catanzaro, seguita da Vibo Valentia, Cagliari e Roma.Il 23,5% dei bimbi non riesce ad accedere agli asili nido, ma in Calabria e Campania la percentuale arriva quasi al 40%. È quanto rileva la ricerca di Cittadinanzattiva, secondo cui una famiglia italiana spende inmedia 3.000 euro l'anno per l'asilo nido comunale, ma la spesa è molto differenziata a livello regionale e provinciale. A Lecco la spesa per la retta mensile, di 547 euro, è 7 volte più cara rispetto a Catanzaro (70 euro), il triplo rispetto a Roma (146 euro) e più che doppia rispetto a Milano (232 euro). Marcate differenze anche all'interno di una stessa regione: in Veneto, si arriva a spendere 525 euro a Belluno e 316 euro a Venezia. Nel Lazio la retta di Viterbo (396 euro) supera di 250 euro la più economica registrata a Roma. In Sicilia tra la retta di Caltanissetta (220 euro per il tempo ridotto) e quella di Agrigento c'è una differenza di 130 euro.