La polemica. Lite Ue-governo sui poteri di controllo della Corte dei Conti sul Pnrr
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La festa del 2 giugno a Giorgia Meloni la guasta Bruxelles. La premier era convinta di poter gestire senza danni le polemiche interne sull’emendamento che limita i “controlli concomitanti” della Corte dei Conti sul Pnrr, forte anche del parere di illustri giuristi, come Sabino Cassese, Cesare Mirabelli e Giancarlo Coraggio, che in sostanza danno ragione al governo. Ma l’intervento del portavoce capo della Commissione Ue, Eric Mamer, e del portavoce all’Economia Veerle Nuyts, stizziscono Palazzo Chigi, che in serata emana un lungo documento in otto punti il cui senso politico è Meloni stessa a dettarlo: «Basta pregiudizi contro il nostro governo».
Mamer, parlando a nome dell’esecutivo Ue, ricorda che la Commissione ha «un accordo» con l’Italia sulla «necessità di avere un controllo di audit performante» sull’attuazione del Pnrr. Ma è Nuyts, per conto dei commissari economici, a metterci il carico da novante. Pur premettendo che Bruxelles «non commenta i progetti di legge», il portavoce Ue ricorda che «il Recovery necessita di un quadro di controlli che siano adatti e proporzionati alla sua natura unica e in modo che i programmi di spesa si basino sull’efficienza». Insomma Bruxelles invita a non depotenziare «i sistemi di controllo nazionali» che devono tutelare «l’interesse finanziario dell’Ue» e contrastare «conflitti d’interesse, corruzione e frodi». Nuyts, poi, quando dice che sinora «l’Italia ha messo in campo un solido sistema di audit e controllo», in sostanza sostiene che Meloni sta smontando l’impianto di trasparenza elaborato da Mario Draghi.
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso a Roma. Il documento di risposta in 8 punti è duro. Il governo respinge l’accusa di non volere controlli sulla spesa e attacca i portavoce bruxellesi: prima dicono di non voler commentare l’emendamento, spiega Roma, poi però «senza alcun approfondimento di merito» fanno seguire «delle considerazioni che alimentano polemiche politiche strumentali che non corrispondono alla realtà». Respinta anche l’accusa di voler tornare indietro rispetto agli impegni sottoscritti tra Italia e Ue sul Pnrr, Palazzo Chigi riporta all’attenzione di Bruxelles la norma originaria (scritta dal governo Draghi) che regola il ruolo della Corte dei Conti sul Pnrr. Secondo l’esecutivo italiano, è chiaro che già il precedente governo immaginava un “controllo successivo” e non “concomitante”. Meloni reagisce anche alle critiche sulla proroga dello “scudo erariale” per i dirigenti, ricordando che la Commissione non ebbe da ridire quando a metterla in campo furono i governi di Conte e Draghi.
Insomma, una puntualizzazione dai toni alti in cui l’unica rassicurazione è sui toni «cordinali e proficui» dell’incontro di giovedì con i vertici della Corte dei Conti. Mentre in chiave interna, di fronte all’accusa dell’Associazione magistrati contabili di aver varato un emendamento con «rilevanti dubbi di costituzionalità», il governo risponde attraverso le parole di due presidenti emeriti della Consulta. Per Sabino Cassese «ha fatto benissimo il governo a limitare il controllo preventivo della Corte dei Conti». Per Cesare Mirabelli, «quella del Pnrr è in tutta evidenza una situazione particolarissima che motiva l’esclusione del controllo concomitante». Per i due giuristi, a fronte della necessità di spendere in fretta i fondi, il controllo tradizionale dei magistrati contabili, successivo agli atti e non realizzato mentre le procedure sono in itinere, è quello più pertinente.