Roma. Tecnico contaminato da plutonio al centro di ricerca dell'Enea. «Nessun rischio»
Controlli nel Centro ricerche
Al Centro di ricerca Enea di Casaccia, alla periferia di Roma, un lavoratore è stato sottoposto a controlli dopo che nel suo corpo è stato rilevato un valore di radioattività, con tracce di plutonio, superiore alla norma. Le prime verifiche escludono rischi per la sua salute, tanto che l’uomo, 59 anni, a distanza di dieci giorni dai controlli è già tornato al lavoro. Ma la situazione complessiva è in continuo monitoraggio, anche se non sono state finora rilevate contaminazioni nell’ambiente esterno.
La vicenda è esplosa nel pomeriggio di venerdì 29 novembre, con una interrogazione parlamentare di alcuni deputati del Pd al ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, per avere informazioni precise circa il fatto che «presso l'ex sito nucleare di Casaccia, gestito dalla Sogin, alle porte di Roma, nei giorni scorsi un operaio sarebbe risultato colpito da contaminazione da plutonio».
I contorni della vicenda sono stati poi così delineati dalla Sogin, che dal 2003 ha preso in gestione il laboratorio dall’Enea: «Il 21 novembre scorso, nel corso di attività di gestione di rifiuti radioattivi all'interno dell'impianto Plutonio, che si trova nel centro Enea di Casaccia, è stato riscontrato un evento di “contaminazione interna” di un dipendente, con potenziale superamento dei limiti di dose annuale prescritti dalla normativa. I monitoraggi effettuati e conclusi registrano valori confortanti». In un altro passaggio del comunicato, la Sogin precisa che «non vi è stato alcun 'incidente nucleare e ogni informazione circolante in tal senso è destituita di fondamento».
Il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica ha diffuso una nota per rimarcare ulteriormente che non c'è stato alcun incidente nucleare ma «un evento anomalo specifico avvenuto durante le fasi di esercizio dell'attività dell'impianto. Tali attività, codificate e svolte da anni, vengono eseguite secondo procedure di sicurezza consolidate».
Anche l’Isin, l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, ente pubblico che vigila sul settore, ha fatto sapere di seguire la vicenda e che anche nei prossimi giorni sarà effettuata una seconda ispezione all’impianto, perché «resta l'esigenza di accertare quanto accaduto e come si è potuta verificare la contaminazione di un esponente del personale che dovrebbe operare in piena sicurezza».
Enea dal canto suo ribadisce di aver dato in gestione l’impianto, con il direttore del Dipartimento nucleare, Alessandro Dodaro, che ha aggiunto: «Possiamo immaginare che in queste attività, un lavoratore sia accidentalmente entrato in contatto con plutonio e possa essere rimasto contaminato. Si tratta di un materiale molto radioattivo, ma le quantità in Casaccia sono minime. I livelli di indagine sono talmente accurati che a volte si procede a controlli anche per quantità minime e non pericolose per la salute».
Dal punto di vista politico, sul caso è tornato il Pd, con una nota del deputato Roberto Morassut: «Il caso conferma l'urgenza di una soluzione per l'individuazione di un deposito unico dei rifiuti nucleari. La procedura da me avviata nel 2020 come viceministro all'Ambiente è stata poi rallentata, per paura di decidere. Con le solite barocche lungaggini da 'tavoli di consultazioni' che in politica sono tanto gratificanti per chi le promuove quanto inconcludenti e in questo caso dannose. Sono trent'anni che si aspetta l'individuazione di un sito per i rifiuti a bassa e molto bassa attività e di uno per quelli ad alta attività».
Le ricerche per produrre plutonio dall’uranio alla Casaccia sono durate fino al 1987 quando, con lo stop al nucleare, il plutonio è stato trasferito negli Stati Uniti e nei macchinari del Centro studi romano ne sono rimasti pochi grammi.