Vengono al pettine i nodi del Pd. La sconfitta del partito a Milano, sia sul candidato Boeri sia per la scarsa affluenza alle urne, spalanca una porta già aperta da tempo, dentro la quale Nichi Vendola è pronto a passare da trionfatore. Pier Luigi Bersani preferisce limitarsi a ragionare in termini milanesi, di fronte al mandato rimesso dai vertici locali Cornelli, Martina e Majorino. E plaude al vincitore sponsorizzato da Sel: Giuliano Pisapia, al quale promette collaborazione leale e dispensa consigli sulle alleanze. Di fatto, però, il nodo del Partito democratico resta tutto lì, nell’incapacità di scegliere una rotta, in una fase delicata per le sorti del Paese. Ma l’ala moderata dei democratici insorge, mentre i veltroniani attendono le decisioni del Quirinale, per capire quale scenario si aprirà e poi chiedere al vertice di Largo del Nazareno il congresso straordinario.«Il problema principale da affrontare adesso è come offrire alla città una proposta che si rivolga ad una opinione più vasta di quella consolidata del centrosinistra», commenta Bersani, di fronte al risultato milanese. «Sono certo che su questo si lavorerà con aperture e spirito unitario attorno al candidato Giuliano Pisapia». Quanto ai conti che non tornano, «certo – ammette il segretario piddì – ci si aspettava una maggiore partecipazione, e questo pone un tema di motivazione del nostro elettorato sul meccanismo delle primarie».Due fronti, su cui il segretario del Pd deve rispondere alle diverse facce delle minoranze interne, ma anche al suo vicesegretario Enrico Letta e alla insoddisfatta presidente Rosy Bindi. Per Letta, «il risultato delle primarie apre interrogativi. Sia per la scarsa partecipazione, sia per il risultato stesso». Insomma, si spalancano «scenari sui quali sarà bene riflettere in profondità, prima che sia troppo tardi».Emanuela Baio e Mariapia Garavaglia dicono in una nota congiunta: «Occorrerà entro breve verificare la potenzialità di qualche progetto-laboratorio per la capitale del nord che può aprire stagioni nuove per l’intero Paese». E per il centrista Marco Follini, «è chiaro che se il Pd lascia campo libero a tutte le opa, il risultato è quello di farsi trainare dagli altri». Le alleanze, «si scelgono e non si subiscono». Stessa linea dall’ex ppi Beppe Fioroni, per il quale il «progressivo scivolamento a sinistra rischia di far perdere l’attenzione dei moderati che disertano le primarie e lasciano la vittoria alla sinistra».Resta dunque l’interrogativo sul da farsi. Perché, sebbene la «riedizione del Pci», come molti definiscono la deriva a sinistra, non attiri quasi nessuno all’interno del Pd. Il "Nuovo Ulivo" spaventa Paolo Gentiloni, area Modem. Ma «lasciamo stare Fini. Lì si sta cercando di fare un terzo polo e noi intanto dobbiamo dire senza incertezza che vogliamo l’alleanza con Udc e Api», insiste Fioroni. Ma sono in tanti nel Pd a vedere, come la immagina da tempo Massimo D’Alema, una larga coalizione che rappresenti tutti coloro che vogliono «voltare pagina», da Gianfranco Fini alla sinistra. Resta per i veltroniani il dubbio che, se Napolitano facesse un’altra scelta, il Pd di oggi resterebbe tagliato fuori. Con le primarie pensate «per un partito a vocazione maggioritaria», spiega Stefano Ceccanti, il Pd di Bersani continua a scivolare a sinistra. Andare con un eventuale terzo polo, «significherebbe subirne la leadership». Dunque, i democratici non hanno grandi vie di scampo, secondo gli uomini di Veltroni. Ma Bersani non demorde. e oggi incontra le parti sociali, compresa la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia.