Attualità

L'ESTATE CHE BRUCIA. «I piromani paghino i danni»

Alessia Guerrieri venerdì 10 agosto 2012
Far pagare il danno ambientale e il costo di spegnimento all’incendiario, non importa se il rogo è doloso o colposo. Nella lotta al fuoco che quest’anno devasta anche parchi e riserve naturali, il commissario capo dei Niab (Nucleo investigativo antincendi boschivi del Corpo forestale dello Stato) Marco Di Fonzo mette in campo un’ipotesi a cui si dovrebbe iniziare a pensare. Il problema infatti non sono le pene, inasprite nel 2000 fino a 10 anni di reclusione, ma è «una questione di senso civico, di tutela condivisa di un bene comune: il bosco».L’Italia però brucia da nord a sud. Dietro c’è sempre la mano dell’uomo?I casi dolosi sono la maggior parte, poi le temperature oltre la media e il periodo di siccità prolungato rendono di fatto i nostri boschi degli inneschi naturali. A tutto questo va aggiunto che una volta le foreste erano vissute. Con lo spopolamento delle aree rurali, tutta quella economia che ruotava intorno al bosco è venuta meno e quindi anche la sua cura. Così quando il fuoco parte gli effetti sono devastanti, perché incontra un combustibile a terra già pronto ad ardere, visto che manca quella piccola manutenzione fondamentale per contenere il fenomeno.Gli incendi hanno un prezzo altissimo sia per l’ambiente sia per le casse dello Stato. Mettere una “taglia” sui piromani è una soluzione?Partiamo da un dato. Noi ogni anno destiniamo circa 60-70 euro delle nostre tasse al sistema di protezione per la lotta attiva agli incendi boschivi, un costo sociale molto rilevante. Forse dovremmo incominciare ad interrogarci sulla possibilità di addebitare a chi, in maniera colposa o dolosa, brucia i nostri bei boschi il costo dell’intervento e il danno ambientale, che potrebbe raggiungere valutazioni economiche molto elevate.In che ordine di grandezza?Nell’ordine di diverse centinaia di migliaia di euro. Basti pensare che per un incendio di 20-30 ettari di bosco come valutazione di danno ambientale si possono raggiungere cifre superiori ai 250mila euro, dipende dalla qualità del bosco. Poi c’è anche un costo relativo alla singola missione che viene svolta per contenere quel rogo. Il Canadair ha un prezzo orario così come l’elicottero o l’autobotte dei vigili del fuoco. Quando si interviene per una motivazione di protezione civile questi costi li assorbe la collettività, perché prescindono dalla volontà, ma quando ciò è dovuto a negligenza, dolo o colpa...Le pene non sono abbastanza severe?Non è un problema di sanzioni ma, ripeto, di controllo condiviso del territorio. L’incendio boschivo è il reato per danno all’ambiente maggiormente perseguito nel nostro ordinamento giuridico. Dal 2000 abbiamo fermato 4.900 persone, nel 2012 siamo intorno alle 285 persone denunciate e 7 arrestate. L’azione dell’amministrazione mira a contenere uno dei reati più difficili da perseguire, perché si lavora su aree vastissime.In Italia, dunque, manca questa tutela diffusa?L’incendio è un po’ la cartina tornasole di una società. Se tutti consideriamo il bosco come una risorsa e un patrimonio del Paese, se siamo tutti interessati a mantenerlo tale, è ovvio che poi riusciamo ad arginarlo meglio. Non ci dimentichiamo, comunque, che la maggior parte degli incendi vengono segnalati dai cittadini e vengono spenti grazie al contributo fondamentale dei volontari. Il concetto di controllo del territorio, specialmente per un bene prezioso come il bosco, però dovrebbe far parte della cultura di una nazione. È un qualcosa che dovremmo condividere; ci aspettiamo molto dalla collaborazione della cittadinanza che ha l’obbligo di allertarci al numero 1515 non appena vede un incendio. Quando un bosco brucia, infatti, i segni della devastazione rimangono evidenti per anni e anche le persone che vi abitano hanno ricadute notevoli. Non solo in termini di perdita della biodiversità, ma anche del vivere quotidiano perché risiedono in un ambiente naturale devastato e più soggetto in futuro, in caso di piogge persistenti, a frane.Quale prevenzione si può mettere in atto?La prevenzione è un concetto a tutto tondo, non è collegato ad azioni-spot di un certo anno. Si può utilizzare la leva della politica, cercando di far sì che la natura diventi una ricchezza dal punto di vista del ciclo produttivo. Perché se vivi il bosco in qualche modo, non brucia. Poi prevenire significa anche condividere con la popolazione che quello è un bene di tutti e va protetto; significa partire da un processo di educazione dei nostri ragazzi nelle scuole. La condivisione di un senso civico, la compartecipazione alla tutela del territorio è la carta vincente per arginare questo fenomeno.