Si è chiuso con 11 condanne, con
pene comprese tra i tre anni e i sette anni e otto mesi di
reclusione, il processo sulla morte di 24 operai che avevano
lavorato nei due stabilimenti milanesi di Pirelli (in viale Sarca
e in via Ripamonti) tra la fine degli anni '70 e la fine degli
anni '80. I giudici della VI sezione penale del Tribunale di
Milano hanno in sostanza accolto la ricostruzione del pm Maurizio
Ascione: quei decessi sono legati alla presenza di fibre di
amianto nelle due fabbriche. Di qui la sentenza di condanna per
gli 11 ex dirigenti Pirelli finiti sul banco degli imputati per
omicidio colposo aggravato.Spetterà a un Tribunale Civile
quantificare l'ammontare complessivo dei risarcimenti che i
condannati dovranno versare a favore delle parti civili. Per il
momento, è stata fissata una provvisionale immediatamente
esecutiva di 300 mila euro a beneficio dell'Inail e di altri 100
mila euro per ciascuno dei due eredi di un ex operaio deceduto
per mesiotelioma pleurico. Altri 20 mila euro andranno a ciascuna
delle due associazioni (Medicina Democratica e Associazione
Italiana Esposti all'Amianto) che si erano costituite parte
civile. Nessun risarcimento, invece, per i parenti di altre
vittime che avevano già ritirato la costituzione di parte civile
dopo aver raggiunto con Pirelli un accordo economico per un
risarcimento extragiudiziale.
La sentenza è stata accolta con soddisfazione dai familiari delle
vittime e dai rappresentati delle associazioni dei morti per
amianto presenti in aula alla lettura del verdetto. "Uniti si
vince - hanno esultato - questa è una vittoria per gli operai,
siamo riusciti a far condannare il padrone".
Ben diversa la reazione dei legali Pirelli. “Prendiamo atto con rammarico dell’odierna sentenza di primo grado e aspettiamo di leggere le motivazioni non appena saranno depositate - affermano i difensori di Pirelli e degli ex dirigenti Pirelli oggi condannati, in forza all’azienda negli anni Ottanta -. Sulla base delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili, emerse nel corso della fase dibattimentale del processo, siamo certi della correttezza dell’operato dei nostri assistiti per i fatti contestati risalenti a oltre 25 anni anni fa, e presenteremo impugnazione in appello”.