Misure anticrisi. Renzi: non servono manovre
L'inattesa frenata del Pil nel primo trimestre del 2014 «avremmo preferito non leggerla, ma è poca significativa per il futuro», insiste Matteo Renzi. All’indomani di un giovedì da dimenticare – tra dati Istat negativi, crollo di Borsa e boom dello spread – il governo ieri ha reagito in due direzioni. Da un lato rassicurando che il mini rallentamento dell’economia (dopo il mini-rialzo di fine 2013) non avrà conseguenze sulla tenuta dei conti pubblici, escludendo «assolutamente» una manovra correttiva. Dall’altro mandando avanti uno dei dossier più importanti per i contenimento del debito pubblico, quello delle privatizzazioni. L’ok definitivo da parte del Cdm ai decreti che fissano i criteri per la cessione del 40% di Poste Italiane e del 49% di Enav era atteso, ma indica comunque che il governo cerca di mantenere il più possibile il piede sull’acceleratore anche per reagire ai dati economici non brillanti. Riforme per non vivacchiare, come ha scritto l’altra sera il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. La duplice dismissione di Stato dovrebbe garantire fino a 5,8 miliardi di introiti quest’anno, risorse una tantum che dovranno essere destinate a ridurre l’indebitamento, secondo le regole Ue, e non a finanziare spese o tagli fiscali. Ma le elezioni europee incombono e di primo mattino alla radio il capo del governo ha voluto innanzitutto smentire l’ipotesi di manovra correttiva. «Queste manovre di solito si fanno per mettere nuove tasse. Noi ne abbiamo fatta una per cancellarne un po’ a chi non arriva a fine mese», ha sottolineato. Il riferimento è al bonus da 80 euro al mese, una misura che «resterà per sempre», ha assicurato il premier dicendosi dispiaciuto di non avere potuto allargare il beneficio a pensionati, partite Iva e incapienti, un obiettivo rinviato alla prossima legge di stabilità. Il governo sta di nuovo pensando a forme di prelievo sulle "pensioni d’oro" per coprire l’estensione del bonus ai pensionati a reddito medio-bassi. Ieri ne ha parlato in Senato il viceministro dell’Economia Enrico Morando ipotizzando un intervento «attraverso misure di solidarietà interna al sistema previdenziale» ad esempio «chiedendo un contributo alle pensioni più elevate acquisite sulla base di rivalutazioni del tutto disancorate rispetto ad altri regime». In pratica quelle costruite sul metodo retributivo.Tornando alle privatizzazioni, Palazzo Chigi non ha fornito indicazioni sui tempi di cessione delle quote di Poste ed Enav (che resteranno a controllo pubblico) limitandosi a spiegare che potranno essere effettuate anche in più fasi, attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta agli investitori istituzionali e al pubblico, inclusi i dipendenti del gruppo, che godranno di incentivi all’acquisto. La possibilità di frazionare i collocamenti deriva dall’esigenza di massimizzare gli introiti. Ma c’è anche la necessità di fare presto, con il debito pubblico stimato a fine anno quasi al 135% del Pil.
Nel Def pubblicato il mese scorso, il Tesoro ha alzato allo 0,7% del Pil (dal precedente 0,5%) l’obiettivo annuo di introiti da privatizzazioni per i prossimi anni. Un’accelerazione in vista del Fiscal compact, il Trattato europeo che obbliga dal 2015 i Paesi maggiormente indebitati a una marcia forzata di riduzione dello stock del debito. Per questo il programma di dismissioni – che già prevede la cessione di quote di STMicroelectonics e di partecipazioni indirette come Sace, Fincantieri, Cdp Reti, Tag e Grandi Stazioni, potrebbe allargarsi a una quota dei due pesi massimi Eni ed Enel.