Lo studio. Pfizer e AstraZeneca efficaci contro la variante Delta
Un'operatrice sanitaria dell'ospedale San Carlo di Potenza mostra i vaccini anti Covid-19 AstraZeneca (a sinistra) e Pfizer
Il vaccino Pfizer-BioNTech raggiunge, dopo la seconda dose, l’88% di protezione dalla malattia sintomatica provocata dalla cosiddetta variante Delta di Sars-CoV-2, la più diffusa, in questo momento, in quasi tutto il mondo. Per l’antidoto AstraZeneca, invece, il livello di efficacia con due dosi si attesta al 67%. È quanto emerge da uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto dagli scienziati del Public health England, del National institute of health research (Nihr), della London School of hygiene and tropical medicine e dell’Imperial College di Londra.
Gli autori della ricerca, prendendo in esame circa 20mila pazienti inglesi, hanno utilizzato un modello statistico per valutare l’efficacia contro le varianti Delta e Alpha. L’efficacia dopo una sola dose dei due sieri era notevolmente inferiore nel caso della Delta rispetto alla mutazione Alpha, ma la seconda inoculazione cambiava profondamente i livelli di immunizzazione. Con una sola iniezione l’efficacia era del 30,7% per la Delta, contro il 48,7% nel caso di Alpha, valori corrispondenti per entrambi i farmaci. Con la somministrazione del richiamo, tuttavia – e a differenza di quanto emerso in una ricerca israeliana molto meno rassicurante –, Pfizer raggiungeva un’efficacia del 93,7% nel caso della variante Alpha e dell’88 contro la Delta. La seconda dose di AstraZeneca portava questi valori rispettivamente al 74,5 e al 67%. «Questi dati – scrivono i ricercatori – evidenziano l’importanza di massimizzare gli sforzi per portare avanti le campagne vaccinali, specialmente tra le fasce di popolazione più vulnerabili».
In un altro studio realizzato dall’University College di Londra, appena pubblicato sulla rivista Lancet, viene evidenziato che gli anticorpi generati dalla seconda dose dei due stessi vaccini iniziano a diminuire dopo poche settimane, e, anche se il fenomeno è «atteso», e questo «non è l’unico meccanismo di difesa dell’organismo», il calo potrebbe indicare la necessità di un richiamo, almeno per le persone più fragili. Nella ricerca è stato analizzato il sangue di 605 persone tra i 50 e i 70 anni, che avevano completato la vaccinazione con Pfizer o AstraZeneca. Tra le tre e le sei settimane dopo la seconda dose, il livello degli anticorpi, che varia molto da persona a persona, iniziava a scendere, e risultava molto più basso dopo 10 settimane. In media si passava da 7.500 unità per millilitro a 3.320 per Pfizer, e da 1.200 a 190 per AstraZeneca. Il fenomeno del calo degli anticorpi, sottolinea al Guardian Eleanor Barnes, epatologa dell’università di Oxford, è comune a tutti i vaccini, «ma non implica che si perda anche la capacità di rispondere dell’organismo», anche perché ci sono altre cellule del sistema immunitario che possono entrare in azione. «La diminuzione potrebbe suggerire una strategia di richiami, soprattutto in un momento in cui c’è un’ondata di casi da variante Delta in Gran Bretagna. Tuttavia, anche se cala il livello degli anticorpi, le cellule B e T potrebbero proteggere molto bene dalla malattia grave».
Intanto, gli adulti che nell’Ue sono stati sottoposti alla completa vaccinazione sono 200 milioni, ovvero il 54,7%, mentre il tasso di chi ha ricevuto la prima dose è del 67,8%. L’obiettivo della Commissione Ue è che gli Stati membri raggiungano il 70% di popolazione adulta vaccinata entro luglio.