Attualità

IL VESCOVO. Peri: «Prego per i bambini non nati»

Maria Gabriella Leonardi martedì 17 aprile 2012
​«Occorre passare dalla fase dell’accoglienza a quella dell’integrazione. Il territorio del Calatino è un esempio di tutto questo, nonostante stiamo vivendo momenti di forte depressione economica e produttiva». Lo ha detto domenica il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo. In questo luogo, che monsignor Peri considera il sedicesimo comunale della Diocesi è, infatti, iniziata la terza peregrinazione diocesana della Madonna del Ponte. Nel suo vibrante saluto ha detto di pregare «per i bambini non nati», evidenziando l’importanza dell’accoglienza verso i minori stranieri, «che oggi giocano e crescono insieme ai nostri figli», non nascondendosi i momenti difficili e le soluzioni trovate insieme. «La Chiesa di Caltagirone – ha detto – vuole offrire le competenze che ha ed il contributo proprio per un percorso, che auspichiamo ancora una volta condiviso, e che sia finalizzato alla formazione delle coscienze e di quella tanto anelata cultura dell’amore e della fratellanza». Peri ha quindi avanzato alcune richieste per questi fratelli: interventi coordinati e nuove politiche migratorie, a partire da tempi certi per il rilascio dei documenti previsti per legge; la tutela della famiglia e della sua unità; la tutela della dignità della donna e della vita «dal suo concepimento alla sua fine»; la tutela dei minori; il rispetto del diritto alla salute, azioni concrete di integrazione, che favoriscano la formazione (anche lavorativa), l’alfabetizzazione e l’orientamento alla cittadinanza degli ospiti del Cara.Secondo monsignor Peri, finita la fase dell’emergenza, è tempo per rifondare un nuovo patto sociale fra istituzioni e comunità civile, fra ospiti ed ospitanti, per un integrazione interculturale, ma anche per valorizzare le potenzialità di risposta di chi è in difficoltà. «Non esistenze sospese  in un futuro incerto – ha detto con forza il pastore – in un tempo da trascorrere forzosamente, in uno spazio marginale, in uno "spazio-vuoto" per alcuni, in un "non-luogo" per altri. Ma esistenze creative, impegnate, partecipi!».Poi il vescovo ha lanciato un appello accorato alle istituzioni ed ai governanti, affinché la vita degli ospiti del Cara sia qualificata e non quantificata. «Il mio auspicio – ha detto – è che non si indugi, e che agli ospiti ed ai cittadini giunga un messaggio nuovo di speranza, di amicizia, di solidarietà nella casa comune che vuole essere la nostra isola, che nel tempo si è sempre distinta per la sua capacità di accoglienza e di integrazione».