Vogliamo raccontare una piccola strana storia ai nostri lettori. La mattina di mercoledì 26 agosto, verso le 11, il portavoce del ministro Zaia telefona al direttore di
Avvenire Dino Boffo. Gli chiede ospitalità per un articolo firmato dal ministro stesso, in procinto di partecipare al Meeting di Rimini. Per la cronaca va detto che la giornata politica era in quel momento già piuttosto «calda» per l’ennesimo attacco di Calderoli in tema di emigrazione, stavolta ai danni dell’arcivescovo Vegliò, presidente del pontificio Consiglio dei migranti. La risposta di Boffo è in qualche modo obbligata: 1)
Avvenire non ha la consuetudine di pubblicare articoli a firma di politici (e i nostri lettori questo lo sanno); 2) l’affondo leghista, condotto proprio in quelle ore ai danni di un’eminente personalità vaticana, rende definitivamente inopportuna la cosa. E la telefonata finisce lì.La sera tuttavia, scendendo al tavolo del desk centrale di
Avvenire, il direttore prega i colleghi di inserire nelle cronache politiche di giornata una citazione (obiettivamente interessante) delle parole del ministro Zaia in tema di rapporti Chiesa-Lega, a chiarire che non c’è preclusione alcuna verso l’esponente leghista. Un segno di libera attenzione che viene immediatamente colto dal portavoce Beltotto che il giorno dopo, 27 agosto, alle 13.26, invia al direttore una mail di ringraziamento «per la citazione che il tuo giornale ci ha riservato questa mattina». Peraltro alcune settimane prima lo stesso portavoce aveva chiesto per il ministro la possibilità di parlare con i lettori di
Avvenire. E l’intervista – più che opportuna, perché su temi di grande attualità – era stata concordata. Da quel momento un giornalista di
Avvenire si era messo sulle tracce del ministro che dapprima aveva rinviato e poi si era reso inspiegabilmente introvabile. Lo spazio in pagina era rimasto aperto fino all’ultimo tempo utile, ma nessuno si era più fatto vivo, neppure per scusarsi. I lettori di Avvenire certo non avranno sofferto per questa "latitanza", ma il ministro e il suo portavoce avevano avuto, volendo, una prova concreta della limpidezza e della disponibilità del nostro giornale.E invece, ecco che cosa ci è capitato di leggere ieri in un’intervista al ministro Zaia ospitata nell’inserto del
Corriere del Veneto: «Boffo? Da lui sono stato censurato» recitava il titolo, per poi spiegare: «Un paio di giorni prima che scoppiasse il caso, avevo inviato all’
Avvenire un intervento molto pacato, per esortare tutti i protagonisti a fare un passo indietro nelle polemiche (sull’emigrazione) che tenevano banco sulla stampa. Boffo ha chiamato il mio portavoce e gli ha detto, con tono anche concitato: "Ti informo che io non pubblicherò mai sul mio giornale l’intervento di un leghista"». Traccia della stessa colossale balla, con corredo di evitabili sciocchezze, si trovava ieri in un articolo dello stesso Zaia, ospitato – guarda caso – sul quotidiano milanese che ha scatenato a colpi di menzogne la guerra contro Dino Boffo.Vogliamo solo aggiungere – dopo avere verificato la cosa con l’interessato – che ieri mattina, sabato, lo stesso Boffo ha chiamato Beltotto per tentare di ricostruire con lui l’andamento obiettivo dei fatti e le parole esatte pronunciate dall’allora direttore di Avvenire, sbattendo contro un muro di imbarazzata ostilità.Quali insegnamenti trarre da questo piccolo disdicevole episodio? 1) La caratura dei personaggi in questione è quella che è, ognuno se ne regoli. 2) L’opera di sistematica disinformazione continua alla grande, impudicamente. 3) Non solo i giornalisti ma anche i portavoce oggi devono chiudere gli occhi e piegare la schiena, per non rimetterci il posto. 4) Nella Lega, come in ogni altra formazione, ci sono personaggi assolutamente per bene come Maroni, e altri che lo sono a intermittenza: ogni giudizio sommario va dunque evitato. 5) Guardarsi da certo pseudo-vittimismo che puntualmente spunta per regolare in realtà conti pregressi con chi si considera vulnerabile. 6) Su una persona senza più potere (ammesso che dirigere un libero giornale sia più un potere che un servizio) c’è chi, maramaldo, pensa di poter impunemente infierire dicendo e scrivendo qualunque cosa, tanto ormai che danno gliene potrebbe venire? (Per fortuna, le mail ancora non si autocancellano). 7) Nel giochetto tentato da Zaia-Beltotto, negli ultimi giorni sono caduti forse inavvertitamente anche alcuni esimi colleghi che bazzicano palazzi di alto valore morale.Boffo per ora pubblicamente non parla, e resiste persino alle nostre richieste di replicare. Ma noi che siamo stati e resteremo suoi colleghi vorremmo ricordare che il direttore di
Avvenire se n’è andato anche per potersi liberamente difendere. In questa occasione, noi gli siamo testimoni e portavoce. E a questo titolo rivolgiamo a tutti – politici e giornalisti – un fraterno invito: comportatevi secondo regole di civiltà.