Attualità

IL PADRE. «Ma per mia figlia voglio diritti»

Francesca Golfarelli mercoledì 16 novembre 2011
​Romano Magrini è il papà di Cristina, l’uomo che dal 1981 si dedica anima e corpo a sua figlia e che dal nove anni lo fa da solo, senza l’aiuto della moglie Franca, che nel 1992 «se n’è andata in cielo». È commosso dall’affetto che tante persone hanno dimostrato nel corso degli anni alla sua “bambina”: è lo stesso che ha portato alla proposta di conferirle la cittadinanza onoraria a Bologna. Eppure nei suoi occhi c’è un’ombra. Perché se a Cristina non viene garantito l’accesso adeguato alle cure di cui necessita, se non si pensa al suo futuro, quando rimarrà sola, «gli onori non servono a niente».Romano, come vive questa onorificenza?Sono grato al presidente Napolitano e a chi gli ha fatto presente la nostra situazione. Parlo al plurale perché considero questo gesto non personale, ma rivolto a tutte quelle famiglie che vivono il nostro stesso dramma: l’abbandono delle istituzioni quando si è nella nostra sofferenza. La famiglia non può essere lasciata sola in questa faticosa esclusiva, deve essere sostenuta dallo Stato, a cui spetta, se davvero vuole tutelare la vita, garantire le cure migliori e l’assistenza domiciliare per chi la richiede. Non ci spero più, ma non posso esimermi dal dire che è ora di passare ai fatti concreti. È lo Stato che deve garantire le cure con il dovuto sostegno economico alla famiglia .È lo Stato che deve orchestrare le condizioni per assicurare un futuro degno della persona umana a tutti quelli che per trauma, nascita e vecchiaia non sono autosufficienti, quando rimangono orfani dei parenti. Solo quando si prospetteranno queste condizioni avrò gioia nel cuore. Ma non credo di arrivarci… ho 78 anni. E Cristina dopo di me dove va?Il fatto che le persone che vivono in stato vegetativo siano trattate come “pazienti di serie B” svuota l’onorificenza data a Cristina ?Sono grato per l’impegno dei bolognesi che si sono battuti fino all’ultimo per ottenere questo riconoscimento: mi auguro che si aprano i confini dell’indifferenza anche per chi è come Cristina. Ma se il comune non mi garantisce per la mia bimba le cure e l’assistenza necessarie, di che cittadinanza onoraria stiamo parlando? Se non si possono garantire diritti, come si possono offrire onori?