Renzi promette. Pensionati, né sgravi né prelievi
Parte l’operazione taglia-tasse. Nel giro di poco più di un mese quello che allo stato è solo una circostanziata promessa dovrà tradursi in un provvedimento di legge. Servono tempi tecnici anche per predisporre le nuove buste paga che nelle intenzioni del governo dovranno indicare in modo visibile gli sgravi aggiuntivi. La sostanza comunque è che chi guadagna meno di 1500 euro mensili netti dalla fine di maggio ne avrà fino a 80 in più. Matteo Renzi ha assicurato che l’operazione ha coperture solide e sottolineato che degli sgravi beneficeranno anche i cocopro e non solo i lavoratori dipendenti. Per i pensionati, invece, «non cambia niente»: non avranno diritto alle detrazioni quelli a basso reddito, nè sono in programma contributi di solidarietà a carico dei più benestanti, ha affermato il premier: «L’idea che chi guadagna 2.000-3.000 euro di pensione sia chiamato ad un contributo va esclusa». L’ipotesi era contenuta nella relazione sulla spending review del commissario Carlo Cottarelli, che ieri è stato in qualche modo 'commissariato' con il trasferimento della sua missione dall’Economia a Palazzo Chigi. Il primo passaggio per tradurre in moneta gli sgravi annunciati è il varo del Def. La presentazione del Documento di economia e finanza (al Parlamento e poi all’Europa) è prevista tra un paio di settimane. Oltre alla revisione delle stime sul Pil 2014 (attese in leggero ribasso rispetto al + 1% indicato dal governo Letta) sarà rivisto al rialzo anche il deficit. Dal 2,6% del Pil si potrebbe salire fino a lambire il 3%: l’aumento massimo consentirebbe di spendere 6,4 miliardi. L’operazione sarà però «il più parsimoniosa possibile», ha già avvertito il ministro dell’Economia Piercalo Padoan. Resta però una via una via obbligata per garantire coperture certe all’operazione di riduzione delle tasse. Il passaggio successivo sarà di individuare le modalità per assicurare i tagli fiscali e varare i relativi decreti, previsti entro aprile. Gli sgravi dovrebbero arrivare con un aumento delle detrazioni per i lavoratori dipendenti con redditi tra gli 8 e i 25 mila euro annui lordi, mentre resta da sciogliere il nodo degli incapienti (chi guadagna meno degli 8 mila non avrebbe beneficio). La detrazione massima dovrebbe riguardare chi prende intorno ai 15mila euro e attenuarsi al salire del reddito fino ad azzerarsi intorno ai 30mila. Se il calcolo sarà sui redditi individuali saranno sfavorite le famiglie monoreddito, mentre una coppia di lavoratori potrebbe assicurasi una sgravio totale da 160 euro al mese. Renzi ieri non ha escluso, se il governo durerà, di arrivare a una riduzione più generale delle aliquote. Intanto l’operazione taglia Irpef riguarda circa 10 milioni di lavoratori e vale 10 miliardi su base annua. Dal momento che si comincia a maggio la copertura necessaria per il 2014 scende sotto i 7 miliardi. Per questo, afferma il sottosegretario Pierpaolo Baretta,il maggiore indebitamento potrebbe non servire o essere residuale. Dalla spending review sono attesi 3 miliardi nelle stima più prudenziale (quella di Cottarelli) e almeno 5 nei desiderata di Renzi. Si può contare poi su entrate straordinarie come i 2,5 miliardi derivanti dalla minor spesa per interessi a seguito del calo dello spread e altri 1-1,5 miliardi per le entrate fiscali conseguenti al rimborso dei debiti della Pa verso le imprese. «Se si sommano le diverse voci – assicura Barettta – abbiamo la copertura non solo per l’operazione sugli stipendi ma possiamo guardare con un minimo di attenzione ad altre scadenze in corso d’anno». Come ad esempio il finanziamento dei nuovi ammortizzatori sociali previsti nel ddl delega. Nel corso del 2014 peraltro dovrebbero entrare nelle casse dello stato anche i proventi della rivalutazione delle quote della Banca d’Italia e quelli legati al rientro dei capitali dall’estero. Coperture che allo stato non sono state considerate. Minori problemi presenta sulla carta la riduzione del 10% dell’Irap a carico delle imprese. In questo caso i fondi arriveranno dall’aumento dell’aliquota dal 20 al 26% delle rendite finanziarie. Ma tanto l’ex ministro Brunetta (Fi) che l’esponente Pd Boccia affermano che il governo ha sovrastimato le entrate attese. ©